Post

Visualizzazione dei post da marzo, 2017

Liquore

Immagine
In assoluto una delle meraviglie della vita, non si può rinunciare al caffè Borghetti allo stadio, è un must. Bello tornare a quella dimensione di proletariato urbano, anche se nazistoide, urla antiche al posto delle URL moderne. Una raccolta di figurine e figurone della periferia milanese, dai lineamenti storti come i palazzoni popolari dei quartieri operai. Eccolo, il mitico ciclostile. La fanzine si chiama "l'Urlo della Nord", appunto. Raccolta fondi per coreografie, racconti di impr obabili trasferte, sempre meno epiche, appelli alla difesa tribale, tra daspo, tessere del tifoso, burocrazie, proprietà cinesi, stadi vuoti. Nell'intervallo, vecchi fascistoni barcollanti dalle voci rauche, ti accarezzano i pupi con la tenerezza dovuta alla gioventù hitleriana, soprattutto il pupo finnico. Poi guardano il papà e restano un attimo straniti. Mi è sempre successo, in curva, ma so come fissarli. Nella barba bianca, nella scapigliatura da zecca, trovano comunque tracce

Il ricatto dell'immediato

Immagine
Boh, l'immagine… Secondo voi filmare l'appello finale di uno che vuole morire serve davvero a sostenerne la causa? Affezionarsi alla vita dei suoi occhi aiuta a staccare la spina del suo dolore? Vedere il marito che lancia la moglie dalle scale previene i femminicidi? Sicuri? Il bambino africano che guarda in lacrime il tuo pranzo dalla televisione fa cogliere il dramma della fame, la struttura della po vertà? O l'immagine - esondando - destruttura, e priva poi di senso comple ssivo le questioni? D'immagine si muore, oggi. Ci sono i video che catturano l'ultimo momento, "filming is own death". Muoiono i ragazzini per i "Daredevil Selfie" sui binari. So che qui suona ipocrita, ma tanta rivoluzione futura, forse, passerà dal ritorno di un pudore, denso e significativo, che sappia spiegare la struttura del tempo, il suo senso lungo, senza il ricatto dell'immediato. La civiltà delle immagini crollerà, assediata dalle nuove parole. Vanno cercate b

Bears

Immagine
Michael Stipe e David Letterman. Ora che mi avvio ad emularli, vorrei capire il perché del fenomeno. La lunga barba bianca è una ricerca di senso? Nel loro caso, due direzioni diverse dell'effetto simbolico del testosterone. C'è un filo di continuità tra le barbe ultracurate dei giovani hipster e queste, incolte ed eremitiche? O sono in aperta contrapposizione? Tempo fa ero a cena con un tizio che l'aveva uguale. "Tutti mi dicevano di tagliarla, quindi l'ho fatta crescere!", la sua spiegazione. Di sicuro, sotto si muove una impressionante crisi di identità maschile che tende a ribadire un qualcosa. Forse il patriarcato in crisi, di cui resta il fantasma iconografico. Vorrei capire, appunto.