Resistentissima

Menapace, lei ha vissuto un'intera vita a sinistra. Come valuta l'Italia di oggi tra crisi, grillismi e larghe intese?
"Io sono come un cane da tartufi, annuso e dico: questo paese non è ancora morto. L'Italia è ricca di teatro, danza, culture alternative e anche di modi di vita alternativi, poco noti: la rivoluzione vera nasce da questo, perché il capitalismo è alla fine. E allora la rivoluzione viene dai rapporti tra le persone, dalla rete dei rapporti: mi sento sicura, non se ho la polizia per strada, ma se so che sui vicini posso contare."
La politica della piccole cose?
"Sì, il vero compito della politica senza grandi illusioni e senza rivalità da campanile, è di ripartire dall'intesa tra le persone; da un'autogestione delle scuole, ad esempio. E anche da un'altra economia che preveda la riproduzione sociale: non il lavoro di cura, ma il servizio alla persona. Che siano bambini o anziani. E che genera, a sua volta, lavoro. La politica passa attraverso la teoria d'occasione: fare un discorso generale passando dalle piccole cose."
Ironica e combattiva. Troppo legata a utopie del '900?
"Ma per favore, il '900 è finito. Preferiso tornare indietro e restare, come sempre, marxiana. Considerando che il nuovo proletariato, però, sono le donne. E sono loro quelle che prenderanno in mano la rivolta. Diversamente da com'è stato finora, quando sono sempre state protagoniste dell'inizio delle rivoluzioni, per poi essere messe da parte. Sarà una forma di resistenza nuova, quando riusciranno a imporsi".

Lidia Menapace, 89 anni - La Repubblica/Genova 

Commenti

  1. La rivoluzione inizia dalle donne. Speriamo che ce ne siano sempre di più (donne rivoluzionarie, intendo).

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