L'ostinata incalcolabilità della vita
Parlavo poco prima dei nuovi rapporti
fra uomo e macchina.
Ho letto nel più grande giornale borghese
italiano, il Corriere della Sera, uno scritto di Gianfranco Dioguardi, dal titolo:
«Quando lo schiavo è troppo bravo».
Era uno scritto che ragionava sui nuovi
ritmi di velocità, con cui oggi un calcolatore elettronico in una macchina computerizzata
può reagire agli stimoli e determinare tempi di decisione e di lavoro, che
l'addetto umano alla macchina computerizzata fatica a reggere. É l'antica favola
della macchina che s'impadronisce dell'uomo che l'ha creata.
La cosa interessante è la spiegazione
che veniva data di questa discontinuità fra macchina computerizzata ed essere umano:
essa veniva indicata nella diversa velocità di decisione tra la macchina e l'uomo.
Velocità.
Riflettete un attimo al senso vero di
questa parola per ciò che riguarda l'uomo: scopriremo allora che una diversa velocità
umana sì c'è, ed ha a che fare molto ed anche con l'affettività , l'emotività, la
«distrazione» come irruzione della fantasia, o del dubbio. Ecco allora la
domanda: è un limite umano oppure è un'enorme ricchezza? È un difetto dell'uomo
o una sua irriducibilità anche al calcolo più raffinato? E quindi, io penso, una
insopprimibile creatività che, a costo di morire, può sottrarsi a ogni schema, a
ogni obbligo!
Questa ricchezza non è misurabile con
alcun metro del mercato.
Tenere aperto questo punto di vista chiama
ad altri criteri, da ora.
Svela aspetti fondanti della alienazione
moderna.
La tecnica e l'essere umano.
La materialità della necessaria produzione
sociale; e l'irripetibilità insopprimibile dell'individuo, l'ostinata incalcolabilità
della vita; anche non umana.
Ci sono, è vero, i guardiani.
Ma mettere le brache al mondo è difficile.
E in fondo, a ben vedere, certi guardiani,
per forti e feroci che siano, sono tuttavia alla fine abbastanza stupidi.
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