La logistica

In questa tragica storia dalla mia città di origine, il nostro tempo. La logistica: il misterioso comparto economico esploso sulle ceneri della civiltà industriale, che raccoglie in sé lo spirito stesso del precariato. Spostamenti di merci, dislocamento. Merci prodotte chissà dove, destinate per chissà dove. Tutto un moderno spostarsi di oggetti e persone, in flusso, ma gli oggetti hanno più valore e diritti delle persone. Un operaio muore durante la rivendicazione dei suoi, schiacciato da un camion che diventa l'emblema stesso del nuovo capitale, bramoso di spostare di continuo particelle, in velocità "logistica", negli spazi congestionati. Così come il camion di Duel era l'emblema della competizione animalesca del vecchio capitale fordista, quello delle ampie strade da colonizzare, il camion-fabbrica, la Balena Bianca metallica. "Vai, parti!" gridano al camion della logistica, bianco come i capannoni. Forse alla guida c'era un uomo violento la cui indole era propensa a pigiare l'acceleratore, o forse solo un altro poveraccio, esasperato dallo stress dei tempi di consegna, particella impazzita fra le tante. Un altro elemento della precarietà, nella notte dell'azienda senz'anima. Muore un "operaio egiziano", scrive il giornale, padre di 5 figli. L'accenno unisce la radice proletaria a quella etnica, tirando fuori un subliminale che abbiamo tutti introiettato. Piacenza, nel cuore del nord Italia. "Operaio egiziano"? Dove votava, quest'uomo? Dove pagava le tasse? Poteva lavorare lì, da "egiziano"? Sventolare bandiere sindacali, da "egiziano"? O forse, per il giornale e la vulgata, era solo un italiano di serie B, anche lui emblema della precarietà totale delle vite apolidi, un'altra particella anonima, che rimbalza tra i capannoni anonimi del sistema. Della logistica.
Di emblema in emblema, si finisce in quell'imbuto dove la realtà raccoglie tutto, vorticosamente. Un uomo, raccolto dall'asfalto. Un altro uomo sottratto al linciaggio. Qui il subliminale arriva all'indicibile. I colleghi dell'"egiziano" disposti a linciare un italiano?! Il lavoro avrebbe ancora uno statuto così profondo, tale da portare alla lotta, al sommovimento, valicando frontiere mentali? Sacrilegio del patrio suolo, o nuova frontiera di tutto il subliminale, su cui si edificherà il nuovo Paese? Sono sicuro che tanti penseranno la prima, ricorreranno al loro recondito più brutto, il pensiero di serie B, come il giornale. Resta questa lunga notte, i capannoni, i picchetti. E la logistica.
Tutti divisi, spappolati, parcellizzati.
Qualcuno, sull'asfalto. Un italiano.

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Vanessa

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