Chiaroscuro.

  È stata una maschera tragica. Un uomo che non ho MAI visto contento, neanche dopo il più clamoroso e inaspettato dei gol. Quando sorride, le rughe segnano una forzatura. Aveva ragione Walter Sabatini, in Spalletti si muove qualcosa di oscuro, imperscrutabile, come le sue conferenze stampa.

Sempre un buio nella luce, una luce nel buio. In fondo, ha fatto il suo dovere, di luci e ombre appunto. Gioco mai, ma qualificazioni sempre centrate. Umiliazioni poche, ma anche poche gioie. Una truppa allo sbando, ma senza mai sbando reale.


Interrogato da chi lo indaga, come il Kurtz di Apocalypse Now, si staglia dall'oscurità accarezzandosi la capa tonda, contemplando l'orrore, pronto a immolarsi per il gioco di cui si è consapevolmente fatto parte.

Con lui si chiude una pagina gotica della storia nerazzurra, vien facile anche quell'altro rimando cinematografico, il Nosferatu di Murnau. Stranamente, però, il film spallettiano finisce bene, i titoli di coda centrano l'obbiettivo. Una luce in fondo al tunnel, tanto in fondo che non si vede.

Sarebbe un bel giochino citazionista, se nel finale non avesse assunto la materia viva e pulsante della vita.

E della morte.

In questi mesi complicati Luciano stava perdendo il fratello, oltre che la panchina dell'Inter, virtualmente strappata da sotto le sue terga da un gioco al macello mediatico.

Il fratello era uno dal capello lungo, vita di campagna, appassionato dei Nomadi. Sorridente in foto, paffuto, il Marcello. Col naso colorito di buon vino, in contrasto con la magrezza penitenziale di Luciano.

Verrebbero altri rimandi profondi, sulle luci e le ombre dell'esistere, quasi la voglia di uno scavo in quella dinamica familiare. Ma sarebbe troppo.

Nell'ultima giornata, dopo una partita al cardiopalma, Luciano si presenta con la figlia tra le braccia. "La mia principessa", la chiama. Lei indossa la maglia nerazzurra. In chiusura, il cronista chiede alla bimba se vuole aggiungere qualcosa. Lei s'intimidisce.
"Forza Inter!" le suggerisce il padre.

 Il primo sorriso, anche l'ultimo.

 Grazie, Luciano.

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