Il lavacro

 Bello, bellissimo. Un film "riformista", ma bello radicale.

Ci dice che il capitalismo fallisce quando si allontana dal prodotto per trasformarsi in finanza, scatole cinesi, controllate da un fumoso management che si autogarantisce e perpetua, licenziando indiscriminatamente per contenere i costi di scelte sempre sbagliate.
L'unica strada possibile per il singolo, o per un gruppo di esclusi (se c'è l'ammmore) è ritornare alle origini, passando prima per il lavacro "etico" del lavoro manuale. Se nel frattempo hai inaridito anche la tua vita, isolandoti, sei perduto. Questa è il racconto della crisi post 2008.
Dieci anni dopo, in una crisi ancora più profonda, l'argomento non è affrontabile così. Il capitalismo delle piattaforme è evaporato ancora di più, il management ancora più divaricato dalla realtà e lontano dal prodotto. L'assunto del film sta nella rimarcare l'assurdità di un manager che guadagna 700 volte un operaio di cantiere.
In un inserto pubblicitario hanno mandato lo spot di Amazon, straniante, con la signora attempata che si misura felice col lavoro di magazzino, insieme ai giovani.
Jeff Bezos, il suo magazziniere-capo, ha un patrimonio (dichiarato) di 200 miliardi di dollari, senza produrre alcunché.
Per questo, oggi a maggior ragione, il riformismo non vale nulla.



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