Furia (al telefono con Kerpov)
Mi ha chiamato il professor Kerpov, ieri notte.
Io avevo la casa sottosopra, il vento muoveva i cellophane.
- Quanto tempo, prof!…
- Quanto, dimmi.
Non avevo risposte.
- Non hai risposte, figliolo… - intuì lui.
- Comincio a non essere più tanto figliolo.
- Prima risposta, vedi? Hegel la chiamava "la furia del dileguare".
- Come?
- In gamba.
E ha chiuso.
Non avevo idea di cosa intendesse, ma suonava bene. La furia del dileguare. Mi sono seduto sul pavimento scrostato. Il cellophane, col vento, crepitava di onde.
Io avevo la casa sottosopra, il vento muoveva i cellophane.
- Quanto tempo, prof!…
- Quanto, dimmi.
Non avevo risposte.
- Non hai risposte, figliolo… - intuì lui.
- Comincio a non essere più tanto figliolo.
- Prima risposta, vedi? Hegel la chiamava "la furia del dileguare".
- Come?
- In gamba.
E ha chiuso.
Non avevo idea di cosa intendesse, ma suonava bene. La furia del dileguare. Mi sono seduto sul pavimento scrostato. Il cellophane, col vento, crepitava di onde.
Immagine:
Suzanne Vincent, "Harbor"
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