Il piano sequenza dell'Io

So che è dura da capire, ma neanche THE REVENANT mi avrà, perché questi registi superfighi di oggi, per mio conto, stentano a cogliere la differenza tra il video-gioco (in tutti i sensi) e la profondità di campo dell'umano, che per natura è soffusa. È chiaro fin dai trailer come l'immaginario moderno sia tutto ipercinetico, in close up, un primo piano narciso e viscerale sull'esperienza del singolo che si cimenta, si dibatte fino a livelli parossistici, e combatte la sua battaglia per affermarsi senza esclusione di colpi, occupando quanto più schermo possibile. La vendetta è solo un pre-testo. Ti ammazzano il figlio, ti seppelliscono, sono i cativùn più cativùn del pianeta, per cui puoi tutto, sei libero di esondare, mister, vai col selfie esibito dell'indignazione cosmica. Manco la natura ti ferma più, mister. Sbadabim, sbadabam, sbrodolon!
Mi tengo le lampade anni Settanta, John Boorman, Lee Marvin, la coscia infida di Angie Dickinson, la scrittura di Richard Stark e la vendetta tra cativùn, nel codice dei samurai, non di Resident Evil. 'Sta roba di oggi, nel suo manicheismo narciso, mi pare criptofascista, in soggettiva, sessualmente irrisolta, come tutta la società.


 
Si colgono le differenze anche nella scelta d'inquadratura dei manifesti. La comunicazione moderna sostituisce la profondità di campo del racconto, il respiro dell'avventura filtrato dall'illustrazione, con l'IO cristologico, martirizzato, che si guarda in foto ed esonda.

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