L'estate nera

Questo qui, che era "comunista padano", in cuor suo, non è fascista, non è razzista, non è niente. Gioca con la comunicazione, vellicando elementi reazionari e razzisti ben radicati nella società. Covavano nella crisi, bloccati dai freni inibitori della democrazia liberale. Incapace di affrontare da statista la crisi, s'è messo a giocare con i mezzi a disposizione, ha alzato il tappeto, facendo riemergere il bacillo della peste di Camus.
Anche i vari Di Maio e accoliti, con tutte le loro sparate contraddittorie sono personale politico senza cultura, senza radici, totali incompetenti ben diretti da un'azienda di web marketing; il nulla che si plasma alla bisogna. Lo stesso dicasi per la "pezza accademica": il Fusaro che imperversa parlando da cosplayer di un filosofo, prendendoci per i fondelli anche nel linguaggio finto forbito, rievocando nei contenuti il sempiterno giochino dei rossobruni. In scia al lavoro destrutturante fatto su questo fronte da anni di berlusconismo innaffiato di credibilità da pletore di "ex-compagni": i Marcello Pera, i Lucio Coletti, i Liguori, lo stesso Giuliano Ferrara (ora redivivo).
Nei rimbalzi del gioco comunicativo, attaccandoli, facciamo il loro gioco, legittimando il dispositivo atroce messo in atto, si sa. Si bagna il gremlins. Eppure, esimersi non si può, memori degli anni Trenta del secolo scorso. Per cui, ci rotoliamo nella schiuma, mentre la realtà precipita, in un senso di impotenza diffuso.
Da questo quadro emerge plasticamente la voragine di chi si dovrebbe opporre, immerso nello stesso sradicamento, nella stessa inconsistenza, alimentata da una stagione di sparate, tweet spacconi, celebrazioni di politiche indigeribili, di capitalisti orribili, slide autocelebrative, schiuma comunicativa uguale e contraria, che ora si specchia nella sua mancanza di credibilità.
Solo una cultura profonda, potrebbe far risalire la china. Il radicamento nelle cose, nei luoghi del conflitto, l'emergere di una analisi politica chiara e coraggiosa, che parta insieme dal basso: dalla battaglia a fianco degli ultimi, e dall'alto: dalla critica frontale allo sconquasso del nuovo capitalismo del web.
Uber distrugge il trasposto urbano, Amazon il commercio, i social il vivere sociale, Netflix il cinema, Spotify la musica, i games l'industria culturale, la sharing economy il turismo e il mercato immobiliare, la gig economy disintegra il lavoro. E così via. I popoli si stanno facendo ingurgitare dal mostro, ricattati con la percezione della "comodità".
Si sta creando l'Uomo Nuovo: solo, incazzato, precario, sradicato, prescientifico, pre-razionale, senza empatia. Un mostro acquirente solo di effimero. Facile suggestionarlo con un'identità reale fittizia, evocando la minaccia straniera in varie forme. Facile convincerlo che vanno alzati muri e confini, mentre si lavora al soldo di un dispositivo globale che li usa solo per aggirare il fisco.
Non è con un hashtag, col controsciame dei "buoni", che possiamo fermare tutto questo, ma con la battaglia più alta e complessa della storia umana. Cattivissima, a suo modo. Che ha una scala locale e planetaria insieme.
Ecco cosa mi dice una maglietta, in una torrida giornata dell'Estate Nera.

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