Trash

Fiume di parole, nel profondo Texas. Fiume di parole grezze, con l’imprinting di una DJ chiamata “Jungle Julia”, che vive del suo personaggio. Tanto da sbraitare insieme alle amiche ogni volta che trova un cartellone con raffigurata se stessa. L’icona esulta di essere icona, triste per un sms deludente, felice per un sms speranzoso. Insomma, macchietta, okay. Ma anche realistica. Tipe del genere se ne vedono parecchie nei locali nostrani, o iconizzate in “Lucignolo” su Italia Uno. Jungle Julia e le strafatte. Jungle Julia che incastra Butterfly in una promessa di lap-dance. Fuori è posteggiata un Dodge Challenger nera, col teschio sul cofano. E “Stuntman Mike” è nel locale con la faccia sfregiata di


Grande Tarantino, in fase misogino-femminista, ormai troppo sopravvalutato e insieme troppo sottovalutato. Termoconvertitore del trash. Invecchiando, sei diventato anche un simpatico moralista. E qui, forse, hai confezionato il più “tarantiniano” di tutti i tuoi film.
Sorpresa. Anche questo post ha due storie, come nei grindhuose. E si ribalta geometricamente, tenendo come base il titolo.
Roberto Saviano l’ho incrociato una notte su Rai Due, restando colpito prima

C’entra, se teniamo buono il ribaltamento geometrico ma speculare a cui accennavo. Perché, paradossalmente, anche in lui lo stile è tutt’uno col contenuto. In una sua intervista cita Hemingway, che definiva lo stile come “grazia sotto pressione”. Una definizione meravigliosa. La grazia compressa di Saviano, ora, deve girare sotto scorta. Perché l’oggetto del suo stile è la denuncia sociale. Le sue doti di entomologo le usa per sezionare la cronaca e la storia recente della sua città, in un grido documentato che non lascia scampo. Un grido per il quale è difficile trovare il fiato. Si rischia di non avere né fiato né scampo.

Il “trash” c’entra perché sull’ultimo Espresso la sua grazia sotto pressione s’è occupata di spazzatura napoletana. Rivelandoci dettagli interessanti sul controllo camorristico del business e sul nord come cervello del polipo puzzolente. Quello stesso nord che è andato recentemente alle urne manifestando ribrezzo per le montagne di rifiuti di Napoli. Un nord cialtrone e ignorante. Dove Fabrizio Corona si affaccia al balcone, lancia le mutande, e trova i fans in strada pronti ad accapigliarsi per raccoglierle. E le telecamere di "Lucignolo".
Saviano mette il suo timbro nell’horror vacui, tornando a raccontare il paese. Ha fatto i nomi, ha raccontato gli intrecci perversi, li snocciola a gran voce, tra un pezzo e l’altro del juke-box Italia. Ma nessuno li ha visti. Forse, se qualcuno li avesse visti si sarebbe salvato.
Bene, bene, teniamo il cervello in funzione “grindhouse”.
Se continua così verrà il giorno di Willy Coyote, del botto.
Della grazia libera e incendiata.
Yayhhhhhh!

mi piace cinefagi
RispondiEliminae sottoscrivo ogni parola riferita all'autore di Gomorra
finalmente qualcuno che parla di grindhouse.. e ne parla non male..
RispondiEliminaè una delle cose che mi sono ripromessa di fare, andarlo a vedere. Ma sono stata subissata da opposizioni.
A parte Tarantino e Rodriguez, che sono unici, non vedo l'ora di vedere di nuovo kurt russel in un personaggio a metà tra il pompato e la macchietta come in 1997 e 2010..
RossoFrancesca. Kurt Russel sarà di tuo gradimento. Spacca lo schermo, e non solo quello.
RispondiEliminaAlla fine, comunque, ti troverai a tifare, vedrai.
Secondo me è un film stupendo, e molto colto. Non quella paccottaglia post-moderna che attribuiscono a Tarantino, al sottovalutatissimo Quentin.