Al Count Basie
















"Tradire, in senso etimologico, significa consegnarsi al nemico. Nell'antica retorica guerresca, la più grave delle infamie. L'altro giorno mi è tornato in mano uno dei più bei racconti che abbia mai letto: "Due amici", di Maupassant. Parla di due uomini, Morissot e Sauvage che per anni s'incontrano la domenica, in un laghetto fuori Parigi, dove vanno a pescare. Un'amicizia superficiale, basata su frasi convenzionali: buongiorno, buonasera come va il tempo. Poi scoppia la guerra, quella franco-prussiana, passano gli anni, la città finisce sotto assedio. Un giorno, ormai anziani, Morissot e Sauvage si incontrano in un bistrò in centro. Decidono di compiere una mezza follia, una mattana, in ricordo dei bei tempi che furono. Morissot si è iscritto alla guardia nazionale, riesce a farsi passare la parola d'ordine da un suo collega che presidia il confine e partono. Arrivano al laghetto in periferia, mentre le bombe fischiano dietro di loro, gettano le lenze, e iniziano a pescare. Parlano, parlano come non hanno fatto mai, discutono sul senso della vita e l'insensatezza della guerra, mentre si odono gli scoppi. Si lanciano nella più anarchica delle invettive: finché esisteranno governi che soggiogano i popoli, ci sarà sempre guerra, non arriverà mai la pace.
A un certo punto, vengono catturati dai prussiani, e condotti davanti a un ufficiale che li interroga duramente. La deduzione è che se sono arrivati fino lì, devono conoscere la parola d'ordine. Trattati come pusillanimi, gli viene chiesta insistentemente ma loro la negano. Ne "La grande guerra", il film di Monicelli direttamente ispirato a questo racconto - anche se non specificato nei credits - il regista fa dire a Gassman: "Senti un po', visto che parli così, mi te disi propri un bel nient". Nel film, come nel racconto, i due amici finiscono davanti a un plotone d'esecuzione. Si stringono le mani, in lacrime, e parte la scarica. Morissot e Sauvage finiscono riversi uno sull'altro, uno con il viso rivolto al cielo.
Stasera, a parlare di tradimenti, sono venuto con mia moglie, Marina. Anzi, la mia "consorte", mi piace di più come termine. Giocoforza, in pubblico, con lei presente, non poteva che venirmi una particolare lettura del concetto. Parigi in questi giorni, mi ha fatto pensare. Allora mi sono chiesto quale poteva essere la parola d'ordine citata nel racconto. E mi è venuta in mente la più potente e banale: AMORE. Mi piace pensare che sia questa la parola d'ordine del cuore ferito, quel che si può salvare del nostro occidente. L'amore, con Marina, è diventato progetto. Abbiamo fatto due splendidi bambini che ci aspettano a casa. Il tradimento, anche tra di noi, è un concetto che non ci spaventa. Siamo circondati da tante cose, vengono da lontano, o ci soffocano da vicino. Siamo sotto assedio, e a volte manca l'aria, ma una cosa è certa, e vale per tutti…
Non ci consegneremo mai al nemico."

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