Vigili e urbani!

Recentemente ho parlato della Playstation. Di un codice interno, facilmente sgamabile, che ha ragioni commerciali, ma spinge ad un'assuefazione alla violenza gratuita, un gioco a distruggere fine a se stesso, senza neppure finalità premiali. Chiaramente, chi ha una psiche strutturata è immune, gioca e basta, esorcizza la violenza proprio in una pratica sublimata della medesima. Da sempre è successo, con armi giocattolo e soldatini. Crescendo, è lo stesso meccanismo dei fruitori dell'horror. Nel mio piccolo, ne sono stato e sono un vorace divoratore. L'adolescenza chiede la sperimentazione dell'estremo come processo formativo. La maturità ricerca i brividi dell'adolescenza. Circa i miei dubbi, ora sperimentali, sulla Playstation, qualcuno s'è sentito toccato nel vivo, mi ha tacciato di moralismo, sono stato paragonato a Fredric Wertham, il censore maccartista dei comics. Ma io non voglio censurare nulla, anzi, il contrario: abbiamo appena regalato la consolle ai figli.
Quando fu trovata la collezione di Dylan Dog in casa di un assassino, chi stabilì una correlazione tra le due cose era un pressapochista, o un pretestuoso reazionario in malafede, meritava gli strali di tutti noi che lavoriamo sulla messainscena e la sublimazione. Ogni libertario si ribelli ad ogni tentativo di censura. Ma senza rinunciare ai fondamentali. Chi rimuove la differenza tra "una pratica" e una lettura, tra fruizione attiva e passiva, tra suggestione cinetica e quella statica della carta, ignora un codice linguistico. Chi nega il meccanismo virtuale e digitale che attanaglia intere generazioni, che riduce le differenze di età, che brucia le tappe cognitive, secondo me è in altrettanta malafede. E se costui maneggia il traffico emotivo dei bambini, e poi dei ragazzi, beh… io credo che una piccola "patente" dovrebbe averla. Non per bloccare il traffico, ma per saperlo indirizzare. Niente come il parlarne può farlo. Magari anche solo parole pubbliche, di analisi intellettuale. Niente come il lassismo assoluto e inerziale su questi temi, lasciando che tutto vada da sé, può fare danni. Gli stessi danni prodotti dalle tesi di von Hayek sulla capacità del libero mercato di autoregolarsi da sé. E tutto torna. Il codice vero insito nel cuore del gioco, come nel vacuum della modernità, è quello del mercato. Volete negarlo? Fate pure.
Non arrivo a produrre tesi altrettanto sceme - se ne leggeranno - su una sorta di suicidio latente di quei due genitori, sul vuoto cosmico dei ragazzi, sull'assenza di parole giuste, del giusto tappeto relazionale. Non sarebbe rispettoso, non terrebbe conto di tutte le variabili, di un caso che va studiato prima che giudicato. Come ogni caso.
Questione di metodo.
Certo, resta la scena raggelante di due ragazzini che dopo aver sterminato i genitori di uno dei due, si accomodano a giocare alla Playstation, in cui erano abilissimi. Mentre risultavano inadeguati nel rapporto con la scuola, la famiglia, in ogni relazione affettiva. Il tema non è produrre conclusioni assolute, ma evitare di nascondersi dietro quelle relative. Nel silenzio. Su cui il capitalismo gongola.

Commenti

  1. http://www.corriere.it/cronache/17_gennaio_16/non-siamo-tutti-narcisi-45241890-db66-11e6-8da6-59efe3faefec.shtml
    Buongiorno,
    sono Andrea Chimenti, studente dell’università di Firenze e figlio di questa cultura narcisista come l’ha definita lei. Sarà l’ultima volta che estrapolo un concetto dal contesto del suo articolo; odio quando viene fatto da giornalisti e politici, sarei incoerente a farlo anch’io. Per questo vorrei focalizzarmi con lei sul totale. Mi dispiace ma lei di questa società moderna, di questi giovani, di questi ragazzi del nuovo millennio ha analizzato soltanto quello che risalta di più, e quello che risalta di più, in televisione, sui giornali e molto spesso sui media «tradizionali» è quello che ha descritto lei. Si è perso più di metà del mondo dei giovani italiani. Si è perso chi studia, chi lavora, chi aiuta in famiglia. Si è perso tutte quelle storie che non fanno numeri in televisione e sui giornali. Si è perso tutta quella gioventù che non trovando più le possibilità e i lavori che facevano i padri, si è inventata nuove occupazioni; grazie a Internet, grazie alle start-up, grazie alla voglia di fare e alla fantasia. Youtubers innovativi, sviluppatori di app, giovani agricoltori e giovani imprenditori nati grazie ai fondi Ue, ragazzi che affrontano studi innovativi, tutte queste persone, uomini e donne, sono dimenticate dai suoi discorsi.
    Quello che le voglio dire è che il mondo narcisista che ha analizzato lei è solo una parte, e nemmeno così vasta, che ha creato questo mondo. Questo mondo ha creato anche molti che del narcisismo se ne fregano, e se ne fregano perché cresciuti da genitori capaci di fare i genitori, insegnanti che fanno gli insegnanti; e non da genitori che si permettono di fare gli insegnanti. Fare il genitore di un ragazzo di questo millennio è più difficile, perché come ha scritto lei il benessere si è abbassato, ma anche perché il mondo si evolve velocemente, il linguaggio, i media, la tecnologia. Infine, però, i principi sono gli stessi e se un genitore è capace di farli vedere e di trasmetterli, non importa del linguaggio, della tecnologia e di tutto il resto.

    Si ricordi di vedere anche chi non viene mai raccontato e prenda le loro storie così da poter far vedere a quelli che ha descritto lei che in questo mondo l’unica cosa che conta è la voglia e il sudore, soprattutto il secondo. Non mi è piaciuto il suo articolo, troppo negativismo e nessuna propensione verso una soluzione o un riferimento da seguire. Un consiglio spassionato da un ragazzo di vent’anni: giornalisti e media in generale, raccontateci storie da cui poter imparare, raccontateci anche quello che secondo voi non va ma dateci sempre la parte positiva. Cercatela, c’ è sempre.
    Cordiali saluti
    P. S.
    Mi scuso per la prolissità.

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