Me & Richard McBeef

Sabato scorso ho assistito a un esibizione di “Cosplay”. Si tratta di una sottocultura proveniente dal Giappone. Ragazze e ragazzi che si radunano in occasione di mostre o convegni travestendosi nel loro personaggio preferito, tratto da un manga o un anime. Li ho sbirciati a lungo e, paradossalmente, li ho trovati timidi. Mi dicono che si spostano di continuo. Difficilmente, uno si traveste nella sua stessa città, perché si vergogna. Lontano da casa riesce agevolmente a truccarsi, brandendo spadoni enormi, pistole finte. Ascoltano gruppi live che suonano le sigle dei cartoni animati e si mettono in posa per foto che si scattano fra di loro. Ma se li chiami tu, per fare una foto, si chiudono a riccio. Ti guardano come dire: “Ma scherzi? Ma che vuoi da me?”. È incredibile. Sembra trattarsi di un esibizionismo introverso, di una forma di solitudine gioiosa e collettiva. Tra una posa e l’altra si coglie una vena di smarrimento triste, come quella che avevano i punk.
Tutte cose che manifesta anche il bambino.

Si potrebbe scrivere per ore della strage del Virginia Tech.
Cho Seung Hui verrà studiato a lungo.
Da me, sicuramente. Ho letto i suoi scritti, ho visto il suo ultimo video, riflettendo sull’ultimo appello. Ma per ora mi limito a guardare le foto. Fissandole.
Queste pose consuete scimmiottano tanti comics americani, tanti film, videogiochi. Questa cura del dettaglio: i guanti neri, la doppia pistola, il giubbotto smanicato, il cappello da baseball girato al contrario. Lo sguardo torvo. Un’iconografia precisa. Cho Seung Hui si è disegnato il finale, se l’è ritagliato su misura.
Supera l'Helter Skelter di Charles Manson. Questa strage rimarrà nel tempo, avrà degli imitatori. È qualcosa di maledettamente "intonato", maledettamente moderno. Come lo sguardo timido, spiazzante, che il ragazzo sfoggia in altre foto. Il suo sorriso tenero.
Mi hanno colpito le parole del Papa. Ha parlato di un gesto “privo di senso”.
No, eccellenza. C’è una storia, un immigrato, un accento impacciato, delle pose, dei sorrisi, gli scritti, uno sguardo, testimonianze. La voce che, nel video, cambia.
È in questo solco che bisogna scavare. Un solco che aprirà porte e finestre, e ci porterà al senso ultimo, alla frase chiave, forse.
Il Gesù vendicatore.

Ecco a cos’ha giocato il Cosplay.
Ecco il senso.


"La solitudine è una tempesta silenziosa che spezza tutti i nostri rami secchi; e intanto spinge più in profondità le nostre radici vive dentro il cuore vivo della viva terra."

(Gibran K. Gibran)




Illustrazione iniziale di Jeff Soto


Commenti

  1. ..tutte le tue parole rimestano nella mia coscienza..

    e continuo a sentirmi anni luce distante da quel popolo americano che è confortato dal poter liberamente avere tra le mani una arma da fuoco..

    il loro pupazzo presidente in primis..


    saluti

    Elisa

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  2. la lama stessa induce alla violenza... ho un filmato per te Lorenzo, sto cercando di tradurlo...

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  3. Certo, le cause... Ma se si eliminasse il mezzo, molto probabilmente queste stragi non accadrebbero. La causa principale è una sola: "the gun free": Traduco: la pistola (/e) libera di essere acquistata in un qualunque supermarket. Se fosse così anche in Italia e in Europa, quante stargi sarebbero accadute?

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  4. un esibizionismo introverso (la chiave è questa)


    "La solitudine è una tempesta silenziosa..."

    non sono mica tanto d'accordo, secondo me è un deserto riarso e le radici profonde sorreggono piante spinose, o forse è la stessa cosa, la tempesta di sabbia credo che sia silenziosa...

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  5. Giusto, Firstness. Le armi creano compressione psicologica. Cause, effetti, mezzi, fini. Però il soggetto dell'illustrazione di Jeff Soto mi sembra indicativo.

    "Potevate fermarmi", ringhia il coreano. "Avete avuto un milione di occasioni".


    Ieri c'era uno speciale sulla strage del Columbine. Un amico di Erik e Dylan - i due dlla trench coat mafia - ha pronunciato la stessa frase. "Volendo, c'era un miolne di occasioni per fermarli". E filmati di loro che si esercitano a sparare. Sì, è un problema.


    Yzma, diciamo che la solitudine è un deserto che può diventare tempesta.

    Anche Erik, della Columbine, non aveva amici. Anche lui odiava tutti e lo scriveva.

    Spike Lee coglie il segno nel monologo di Edward Norton davanti allo specchio, ne "La 25a ora".


    Il segno di un paese con tante luci, e una grande ombra.

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  6. Sulla strage del Virginia Tech segnalo l'intervento di Joe R. Lansdale, su L'Espresso. Molto interessante. Implicitamente rispolvera il concetto di "anomia", già trattato in questo blog.


    Intanto stamattina ho sentito Massimo Teodori affermare che i morti per armi da fuoco negli States sono solo 3000, un'inezia rapportati all'Italia. Le statistiche parlano di 30000. S'è perso uno zero, e ogni residuo di credibilità.


    In Virginia è partita un'offerta delle armerie. Se acquiti cento dollari di armi, un fucile gratis. Questo sì che è fiuto imprenditoriale.

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  7. il tuo concetto è straordinario. non avrei saputo descriverlo meglio. esibizionismo introverso. fa una paura fottuta. ma cazzo ho idea sia proprio così. e la cosa più disarmante è che, come ogni processo legato al mercato, al business, al (dio) denaro, non c'è che peggiorare per incrementarlo.

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  8. Per il titolo di questo post mi sono ispirato al racconto del giovane coreano che ho linkato, intitolato, appunto, "Richard McBeef".


    Leggendolo mi è venuto subito in mente il gran pezzo di Janis Choplin "Me & Bobby Mcgee". Provate a leggere il racconto e poi a recuperare il testo di quel brano.


    Che due americhe diverse.


    L'ottimismo della speranza, il pessimismo della ragione, diceva Gramsci.

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  9. emh... in realtà si chiama Janis Joplin (non Choplin), ma la canzone che hai menzionato "Me & Bobby Mcgee", anche se la cantava, non è sua... è stata scritta da Kris Kristofferson.

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  10. Su Choplin chiedo venia, mi sbaglio sempre, come il Crodino, che fin da piccolo mi ostino a chiamare "Grodino". Il mio cervello fa fatica pure a scrivere "libri", con una "b" sola. Oltre a svariati altri bugs.


    Sul brano. Per me, conta chi ha urlato quel testo, rendendolo celebre in anni importanti, oltre a chi l'ha scritto in origine.


    Comunque, complimenti, potrei segnalarti un paio di case editrici che necessitano di buoni editor.


    Una domanda, anonimo interlocutore/trice: come sei arrivato/a a questo stagionato post?

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