I forzati della gloria

Può un comunista-libertario-pacifista-obiettore di coscienza-radical chic capire l'esercito? Sì, basta leggere i racconti western di JAMES WARNER BELLAH. Stessa emozione che mi diede la visione dei quadri di Winslow Homer o di Remington, gli ispiratori visivi di John Ford. Il regista, per i testi, si appoggiava molto a Bellah, il quale descrive l'ethos profondo della divisa, ma quella divisa lì, nella frontiera di un continente in fieri. Esercito  inteso come metafora del traffico emotivo maschile, alle prese con l'impeto della natura, con il coacervo di regole e violazioni, onore e pulsioni, buon senso e temporali, fango, cavalli sudati, frecce, le stagioni, il sudore, la puzza e il lavarsi, il passato e il futuro. La battaglia, nelle pagine di Bellah è qualcosa di assoluto, carne e sangue, l'esplosione di tutte le potenzialità, di ogni forma tratteggiata. Anche l'indiano diventa metafora, contraltare simbolico. L'esercito è il controllo di sé, il risollevarsi razionale. Oltre a film più celebri, firmò anche "I Dannati e gli Eroi", pellicola sconosciuta ai più, dove si narra il dramma del sergente Rutledge, accusato di stupro e omicidio perché nero (siamo nel 1960!). L'esercito contiene il processo, l'indagine, il dramma, la morbosità, la suspense, la difesa, il passaggio generazionale, i tempi che cambiano. L'esercito come contenitore, sì. Una dimensione psicologica della narrazione, a certe latitudini e in una certa epoca intrecciata al naturalismo. Alla vita.

Commenti

Post popolari in questo blog

Vanessa

Has Fidanken!