Ri morsi
Quel
che si muove, in questa montagna di parole sul calcio, è tutt'altro.
Andrebbero fissati alcuni fondamentali. Siamo psicolabili. Dopo la
prima partita, Balotelli eroe nazionale, promesse di matrimonio,
semifinali, una valanga di spropositi da stampa, allenatore, giocatori,
opinione pubblica. Ora, cacciati a pedate e morsi, gli spropositi al
contrario. Eccoci tutti di fronte al ragazzo nero italiano,
con il solito sottofondo purulento e italiota che emerge; la questione
generazionale, l'allenatore che la butta in politica. Dico la mia, da
italiota. Mario, l'insopportabile, viziato, eterna promessa, col suo
tormento apolide che salta fuori ad ogni difficoltà, mi interessa. Lo
odio, ha sputato sulla mia maglia del cuore, ma mi interessa il suo
sguardo, le cuffie per isolarsi, il puledro indomabile, la delusione
costante. So che è una maschera, una proiezione, in realtà è anche un
ricco bresciano viziato con famiglia ultraitaliota alle spalle. Ma alla
fine siamo sia lui che noi a rimettere al centro la sua identità, come
sfida finale. Per lui è un alibi, come per noi. Mario è lo specchio di
un passaggio d'epoca. E ne dico un'altra, Prandelli, Buffon, De Rossi si
sono comportati da infami. Il senatore che tira la carretta la tira e
non lo rimarca, e le questioni le risolve nei luoghi dovuti, magari
prendendosi a schiaffi negli spogliatoi, ma fuori zitti e dignità. A
scaricare il peso su un ventitreenne di colore sono capaci tutti, sapendo
cosa si scatena. A casa, e a mai più rivedervi. Per quanto mi riguarda.
Con buona pace vostra e di qualche "boiachimolla" che vi sfuggì, in
vostre intemerate meno ipocrite, il futuro è e resta Mario.
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