L'uono che guardava passare i tre


Che libro meraviglioso, m'ha regalato mio padre. Contiene uno scritto di John Simenon, che aiuta a capire il padre, come nessun altro mai. L'artigiano artefice del suo successo, della sua "leggenda", edificata curando ogni dettaglio: dalla grafica della copertina, a quella del logo, al font della firma, al tipo di rapporti di publishing con l'editore, fino alla singola operazione di marketing di ogni romanzo uscito. E ne uscirono a centinaia, con vari pseudonimi, a seconda del genere. Come fece in America un altro grande, Ed McBain, e in Italia Giorgio Scerbanenco. Il figlio spiega come la matrice profonda del lavoro di Georges Simenon sia psicologica, l'influenzata dalla sofferenza privata: l'abbandono materno, la perdita della figlia suicida, del fratello morto in Indocina durante il reclutamento forzato nella Legione Straniera. Tutti temi trattati dalla stessa memorialistica simenoniana, in primis dal capolavoro: "Lettera a mia madre". Meno noto il contrasto da cui scaturisce la scintilla creativa, che un figlio coglie meglio di altri, i due poli "filosofici" dell'opera paterna: il libero arbitrio, in contrasto con la fondamentale irresponsabilità dell'essere umano, di origini biologiche. Una riflessione sul senso stesso dell'esistere, oltre che del proprio lavoro, nel mutamento dell'uomo sociale a cui l'opera letteraria era rivolta. Anche gli altri saggi sono imperdibili e preziosi, la lingua, lo stile, la traduzione. Ciò che è in Maigret, e ciò che è fuori da Maigret, l'istinto razionale del commissario che accompagna il lettore o il lettore lasciato solo con il proprio istinto. Due modi di perseguire lo stesso risultato: toccare le corde più intime.
Una macchina narrativa mai vista, Simenon, tra i più grandi autori del Novecento. Se non il più grande. Un volume prezioso, ricco di spunti per alcune fatiche invernali che mi spettano. Grazie, papà.
Ci si parla più così che a parole.

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