Free-style

Facciamo finta che io abbia un nipote che si chiama M.

Mettiamo che abbia diciassette anni, frequenti un liceo privato e la “compa” di un quartiere bene, col calcio e i suoi derivati a fare da cemento linguistico e modello di aggregazione.
Quando è davanti alla tivù, pensiamolo fisso su Italia Uno. Senza neanche cambiare durante gli spot.
Mettiamolo sul motorino, su Youtube, a sfidarsi con gli amici a cinghiate, per ridere. Ipotizziamo che abbia fatto in modo e maniera di mostrare quel filmato a membri della famiglia. Magari quelli a cui tiene. Proviamo a pensare che M. non abbia nemmeno un amico con la pelle di altro colore. Mettiamo che il sottoscritto abbia sempre cercato d’interagire con lui, sperimentando le difficoltà comunicative della generazione Q, che poi passa il tempo a fucilare sms e filmati. Ipotizziamo un azzardo: un paio di settimane fa, io che gli regalo l’ultimo libro di Galimberti. Così, prenderlo per le palle, una sfida a cinghiate. Mettiamo il caso che lo veda sincero ma falso, duro ma tenero, pieno di certezze ma confuso. Con tutti i primi termini di questo elenco ben organizzati e in evidenza, come la compostezza a tavola. So che è innamorato di una certa M., ma non ho ancora capito come. Mettiamo che gli voglia bene, e che ieri sia entrato nella sua cameretta. Che l’abbia trovata ordinata e irreprensibile, educata. Come lui. Ipotizziamo che lui stesse giocando a calcio con la Playstation, che io abbia sbirciato i libri, e poi i muri. Balza agli occhi la gigantografia di lui piccolo, tra le braccia del nonno scomparso da poco. Poi, tanti poster sul tema “Arancia Meccanica”, film che abbiamo rivisto insieme mesi fa, tra l’altro. Uscendo, sopra la porta, potrei aver incrociato una bandiera tricolore con la scritta “Fiero di essere italiano”. E l’ultima “o”, magari, era una celtica. Poniamo che gli abbia fatto presente che conoscevo il senso di quel messaggio, e che me ne sia andato. Ipotizziamo il mio silenzio.
Dopo pranzo, magari, sdraiato sul divano, gli chiedo a che ora iniziano le partite. Così, un semplice aggancio, fiutando nell'aria che qualcosa sta per succedere. Mettiamo che M. prende l’iniziativa, fatto inusuale. Pensiamo a lui che si alza, mi dice “ascolta”, e m’infila una cuffia, staccandosi dall’I-pod per la prima volta nella giornata. Magari parte un accenno di house pesante, però lui manda avanti. Magari, vuol farmi sentire un’altra cosa. Gara di free-style tra Fibra e Inoki, frasi rap improvvisate su base hip-hop. Sfida a cinghiate in rima. Si parte dalla denigrazione delle rispettive capacità tecniche, dei “mood” comportamentali, dei vestiti che indossano, fino a chiamare in causa le rispettive mamme, in un’escalation di epiteti e invettive. Batto il tempo sul divano. Poi magari il pezzo s’interrompe e me ne fa sentire altri due - di un gruppo che non ricordo - che parlano di marijuana e di sfida al sistema. Finisce, e gli dico: “Potenti. Ma scuri, con una vena di malinconia”. “Sì, è vero.”, risponde. Potrei fargli presente che, nel primo pezzo, Fibra ha stracciato quell’altro. Immaginiamo che poi gli sparo un bel
“Sai chi è Inoki?”
“No.”
“Era un campione giapponese di Wrestling degli anni Ottanta. Anzi, non si chiamava Wrestling. È uno sport che viene da lontano, dal Messico, pensa. Là si chiama “Lucha Libre”. C’è un rapporto strano tra il Messico, l’America Latina in genere, e il Giappone. Il Perù ha avuto un presidente giappo, un certo Fujimori. Vabbè, insomma, ’sti giapponesi hanno preso la tradizione dei lottatori in maschera e l’hanno fatta loro. Noi la conoscevamo come “catch”. Hai presente l’Uomo Tigre? Ecco, Antonio Inoki era campione di quella roba lì. Poi l’hanno presa gli americani ed è finito tutto in vacca.”

Ride.
“Che coincidenza”, insisto.
“Cosa?”
“Qualche settimana fa ho visto Fibra insieme a Galimberti, alle Invasioni Barbariche.”

“See?!”, risponde M.
“Sembrava proprio una sfida free-style. Con loro due a dire cose simili con stili diversissimi. Fibra è un grande, si sono trovati. Perchè, occhio, quel filosofo che ti ho passato non è uno che se la tira troppo. Nel libro parla anche degli Africa Unite.”
“See?”

“Su Youtube trovi il filmato. Digita “invasioni barbariche fibra”. È spezzettato in tre parti, dieci minuti in tutto.”
“Okay, ci vado.”


Nel tornare col passeggino, sotto l’ultimo sole, abbiamo incrociato chilometri di muri, e barche e stabilimenti chiusi. Con strane ed evidenti compagne di camminata. Ovunque, grandi, piccole, a pennarello, spray, vernice, sul selciato, ai semafori. Si notano solo loro: una tempesta.
Fragolina ti amo… Sono otto mesi che volo insieme a te… C6ST… Alex sei la mia luce, la vita… Sei troppo importante per me, torniamo insieme… Ti amo, Maggie… Ti amo… Ti amo… Sei la mia vita, Dix…
Una proprio enorme, tiene tutto il muro. Voglio fotografarla. Sì, qualche croce celtica, qualcosa sul Genoa, sulla Samp. Ma soprattutto “ti amo, ti voglio, ti cerco, volo, mi manchi, sei tutto”. Componimenti a confronto. Romanticismo free-style, che gronda dai muri, sulle scale, sui vetri, ovunque.
Fateci caso anche voi, certe scritte si stanno decuplicando. Solo certe.
Si sono allontanate dalle panchine dei parchi, abbracciano la città, stracciando quelle politiche, religiose, violente, calcistiche. Un fiume di parole che sembrano non significare niente.
Ma non ne sarei così sicuro.

Ecco, poi mi sono incazzato. Secondo me, la cosidetta “commissione valori” del PD, anzichè far entrare Giuliano Ferrara, dovrebbe far entrare un cicinino di quel che comporta tutto ciò. Anche poco, eh. Fibra, per esempio, non sarebbe un ospite inquietante.

Non è che “laicità”, magari, significa anche “fatica”?

E voglia di leggere i muri.



“Ogni volta sperimento come, nel contesto di una struttura che veramente favorisce la creatività personale e di gruppo, ogni giovane è gioiosamente meravigliato di quanto riesce a esprimere e ascoltare; mi chiedo in qual modo sia possibile consolidare, approfondire e moltiplicare ampliando queste occasioni affinché riescano a inceppare e sbrecciare i meccanismi del dominio, tuttora vastamente imperanti: per riuscire a interrompere il circolo vizioso fra dilagante necrofilia inconfessata, disperazione per mancata creatività e informazione deformata, aberrante.”

Danilo Dolci, "Dal trasmettere al comunicare", ed. Sonda.








Chris Appelhans,  "Electricity"
Cosplay a Lucca
Alex Toth (?), "Zorro Fight"
Chris Appelhans,  "Music"



Commenti

  1. facciamo finta che quel nipote abbia un grande zio.

    e che questo sia un gran bel post.


    leggere i muri.

    proprio stasera vado a sentire/vedere il terzo di cinque incontri "tratti" da un libro che si intitola "niente resterà pulito" dove la scritta pulito sostituisce quella del famoso slogan "impunito", che racconta 40 anni di storia italiana attraverso le scritte (politiche per lo più) sui muri e i manifesti ad essi attaccati.

    calvino - ormai quasi trent'anni fa -sosteneva che "la parola sui muri è una parola imposta dalla volontà di qualcuno, si situi egli in

    alto o in basso, imposta allo sguardo di tutti gli altri

    che non possono fare a meno di vederla o recepirla".

    come dici tu, qualcuno dovrebbe aprire gli occhi e, soprattutto, avere la voglia di recepirla.


    un saluto.

    elena

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  2. Ispirata dai muri:

    - Per Grazia Ricevuta -

    I milanisti commossi ringraziano Moratti che, "sottraendo" Suazo all'infame destino di alzare un' ulteriore coppa a Tokyo, ci ha permesso l'acquisto di Pato.


    (rif.) "Siamo disposti a trattare sul decreto Gentiloni.

    In cambio vogliamo Pato".

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  3. Rugiada, le dichiarazioni in privato, please. Mia moglie, a volte, legge ;)


    Elena, grazie. In effetti, ci vuole Sapienza! ;)


    Valtergallo. Una tale grancassa per la prima vittoria in casa nel girone d'andata, dodicesimi in classifica, a mille punti dalla prima, si può fare solo in un regime. Quando il paperino verrà cancellato da difensori veri, si tornerà a parlare di Ronaldinho, vedrai.

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  4. Ops! Ora ci ha scoperti! Ihihih.

    :-)

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  5. che ieri sia entrato nella sua cameretta. Che l’abbia trovata ordinata e irreprensibile, educata.


    stupisce che un diciassettenne abbia una camera così, in genere le loro stanze sono lo specchio del loro caos interiore...

    in camera di mio figlio diciassettenne si entra facendosi largo a badilate ;-)

    (poi, quando mi azzardo a fare ordine, rischio di essere presa a badilate io, eheh)


    adesso leggendo qualcosa su un muro mi verranno in mente le tue parole

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  6. Ciao Lorenzo, a proposito di valori... laicità... religione...


    ...stamattina sono stato al funerale di Felice Trabacchi. Sindaco comunista della prima "giunta rossa "di Piacenza, partigiano. Una fredda mattina di vento e pioggia. Tanti ombrelli aperti fuori dalla chiesa dell'Infrangibile. Tanti ultracinquantenni, solo due o tre giovani, forse parenti. Poi la funzione religiosa, convenzionale, fredda, senz'anima. E per fortuna l'epilogo laico, l'orazione di Mario Cravedi. In questo tempo di impudicizia confessionale, sentirgli dire "Caro Felice, è un giorno triste perchè non ci vedremo mai più..." mi ha quasi consolato.


    Addio Felice


    Mauro

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  7. Yzma. Anche una camera ordinata può essere specchio di disordine. La mia camera, da diciassettenne, era sicuramente più simile a quella di tuo figlio.


    Mauro. Da Piacenza - ovvero dal mio passato - arrivano quasi sempre notizie tristi, con la perdita di pezzi di una geografia umana importante, che sembra sfaldarsi. Ma sono sicuro che saprete tracciare nuovi confini, una nuova geografia. Da raggiungere più spesso con un viaggetto in autostrada.

    A proposito. Le autostrade hanno due direzioni, lo sai, no?


    Addio triste, Felice.

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  8. Bravo Lorenzo

    ricordaglielo che le autostrade hanno due direzioni.....-;


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  9. Sono molto più vicina a mia nipote di ventun anni che a mio nipote di quasi 18!

    Non faccio la zia come fai tu lo zio (e confermo grande!).

    Ci sono 34 anni di differenza con il diciottenne ma a volte non li sento!

    Sarò mentalmente non conforme alla mia età?

    Galimberti un filosofo che non se la tira. Perfetto.

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  10. Ciao, Bado. Grazie per domenica ;)


    ludmillaParker. La vicinanza di genere aiuta a colmare i gap di età, credo. Il conformismo mentale, poi, lasciamolo a chi ci crede.

    Occhio che sono tutt'altro che "grande". Semplicemente, spero, uno zio che non se la tira...

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  11. Sei uno zio che non si cala dall'alto, nel senso che t'immergi nella contemporaneità. Fibra però brrrr, posso dire che ai bei tempi di gruff e sxm si stava meglio? (con tutto che poi è finita col festivalbar di Neffa, vabbè).

    L'educazione dovrebbe partire da lì, ma anche per la politica - se gestita da politici - potrebbe, in effetti.

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