Datemi un martello

Ogni periodo ha la sua musica.
Ieri, il mio spacciatore di fiducia mi ha rifilato due dosi. Sulla prima si andava sul sicuro, roba testata e di qualità.
Ma la seconda dose mi ha preso alla grande. Droga già sperimentata, vecchia, anzi, vecchissima. Ma tagliata in un modo… Mi ha ricordato un altro trip, vissuto mesi fa. Da sballo!















N
on sono un suo grande fan. Ma qui il Boss si è buttato in un’opera davvero avvolgente, con tanti livelli di lettura. Bluegrass anni Venti, acustico, un pugno di folk-song dimenticate dagli uomini, certamente non da Dio.
Oltre al cd c’è il dvd. Vedere la sua smorfia ispirata, con la masticatura al contrario, concilia con tante cose. Con l’America, per esempio.
Springsteen si dimostra artista sensibile, in cammino. A volte procedere significa guardarsi indietro, scavare il terreno inquinato dalla piacioneria “pop” in cerca delle radici. Che lui trova nelle vecchie storie, quelle dure, di personaggi ruvidi. Banditi e ferrovia, operai che scavano canali, immigrati irlandesi, predicatori con Bibbia e pistola. Quello di cui è fatta l’America. Basta scorrere la lista dei titoli e ascolticchiare. “Erie Canal”, datemi retta, è un vero capolavoro.
C’è un altro livello di lettura. Quello politico. Perché radice è anche verità. La verità della leggenda. Il nostro paese è fatto così, viene da lì – sembra sussurrare il Boss, col cuore in mano – non dallo sventolìo di bandiere e menzogne.
Fa i conti, con serenità. Ecco, sì. Un sereno, grintoso, rendiconto.
Personaggi, dicevo. Uno svetta nel mio immaginario da almeno vent’anni. La prima storiellina sceneggiata aveva lui come protagonista.
John Henry, l’uomo che sfidò la macchina. Felici coincidenze me lo fanno incrociare spesso, a partire da un libretto illustrato che sfogliavo da ragazzino.
John Henry, railroad-man. Il mito del sindacalismo americano e della lotta per l’emancipazione razziale. Come il gigante Paul Bunyam lo era stato per i boscaioli del nord. La tradizione orale segue il ritmo delle pesanti accettate sui tronchi o dei binari della ferrovia, montati un pezzo alla volta, sotto l'incedere delle hammer-song. Poi, il racconto si fa canzone, che passa di bocca in bocca. Leggenda narra che nel 1870, in Alabama, due compagnie concorrenti si contendessero la realizzazione del “Big Bend Tunnel”. Una delle due usava perforatrici meccaniche, l’altra il duro lavoro dei martellatori. John Henry, al soldo della seconda, viveva la frustrazione di vedere i suoi compagni a rischio di licenziamento. A un certo punto, esasperato, impugnò due martelli e decise di sfidare la trivella meccanica. Una disperata ed emblematica gara. La vinse, sotto gli occhi increduli dei compagni e della moglie. Ma lo sforzo gli schiantò il cuore e morì tra le braccia della sua Pollie-Ann…

He hugged and kissed her just before he died,
Saying, “Pollie, do the very best you can.”
John Henry’s woman heard he was dead,
She could not rest on her bed,
She got up at midnight, caught that No. 4 train,
“I am going where John Henry fell dead.”
They carried John Henry to that new burying ground
His wife all dressed in blue,
She laid her hand on John Henry's cold face,
“John Henry I’ve been true to you.”


"Pollie, fai il meglio che puoi."
"Sono stata sincera con te, John."
Come la musica di questo disco, umile e contagioso.
Il meglio che poteva fare un uomo libero.





illustrazione d'apertura: Jon DeMartin, "The Ghost of John Henry"




Commenti

  1. "Sad eyes never lie", come pochi. Finalmente... per me il Boss (che ho avuto il piacere di ascoltare oltre che due volte in Italia anche ad un ristretto concerto di sola chitarra acustica nel New Jersey) è prima di tutto un poeta, che canta senza celebrazioni un'America vera e molto "white trash", con radici contorte nei testi di Guthrie. Se inizialmente i testi erano decisamente autobiografici e legati alla sua famiglia e alle condizioni sociali ed economiche precarie in cui è cresciuto (figlio di una tipica unione tra origini irlandesi e origini italiane), maturando è passato ad un contesto più ampio... Bruce ama il NJ e non ne sa stare lontano... come me. Fra pochi anni avrà 60 anni, io lo seguo da quando ho memoria... un po' "nata per correr"-gli dietro...;-).

    Posso regalarti alcuni versi di una delle mie poesie preferite? Da "Thunder Road" senzazioni "sentite" in un momento particolare della mia vita...

    "....Well I got this guitar

    And I learned how to make it talk

    And my car's out back

    If you're ready to take that long walk

    From your front porch to my front seat

    The door's open but the ride it ain't free

    And I know you're lonely

    For words that I ain't spoken

    But tonight we'll be free

    All the promises'll be broken

    There were ghosts in the eyes

    Of all the boys you sent away

    They haunt this dusty beach road

    In the skeleton frames of burned out Chevrolets

    They scream your name at night in the street

    Your graduation gown lies in rags at their feet

    And in the lonely cool before dawn

    You hear their engines roaring on

    But when you get to the porch they're gone

    On the wind, so Mary climb in

    It's a town full of losers

    And I'm pulling out of here to win"

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  2. A me personalmente era piaciuto moltissimo anche il disco precedente, "The Rising". Bruce in ottima forma, direi!


    A proposito di menzogne (molto interessante Report di domenica scorsa, tra l'altro!), mi sono ritrovato a leggere le "40 ragioni principali per dubitare della storia ufficiale sull'11 settembre", sul sito 911truth.org http://www.911truth.org/article.php?story=20041221155307646


    Un saluto,

    Stefano

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  3. un disco umile e contagioso, che bella definizione

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  4. Purtroppo - da bravo rocker post-punk-dark-newwawe, electric pop, agit-prop ecc. ecc. - ci sono tante cose che capisco solo adesso, Biancac. Forse il boss è una di quelle. Chissà perchè rimane tatuata l'immagine dei tastieroni e degli immensi stadi. Esiste un interior-boss che sfugge ai più.


    Percorso interiore che già s'intravedeva in "The Ghost of Tom Joad". Magnifico album che ti consiglio, Stefano.

    Io cercherò "The rising".

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  5. Lasciati contagiare, Yzma!

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  6. Prometto che provo a non dilungarmi stavolta, Lorenzo, ma è come se tu mi armassi! Secondo me sono due album paralleli e assoluti. The Rising è il disco del dopo 11 settembre, del cielo vuoto e di "I never thought I'd live to read about myself in my hometown paper". "The Ghost of T.J" è ispirato all'eroe di Steinbeck e a chi vive ai margini della società americana. Dedicati alla stessa gente in due momenti diversisimi della storia e dell'economia americana. Per capire il Boss bisogna leggere le sue parole e non scambiarlo per un rockettaro di periferia...

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  7. Ahimé, non l'ho ancora ascoltato. Ma rimedio, altroché

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  8. mah... diciamo che riesco a salvare un solo disco nella vastissima discografia e si tratta di nebraska. Registrazione domestica veramente punk nello spirito, rivoluzionaria per l'epoca, con accenni cashiani e atmosfere alla Suicide, nessuna cura per il bel suono e un atmosfera dark da provincia malsana che anche altri meno fortunati (in quanto a vendite) interpretarono allora. Adesso non mi sembra minimamente credibile, patinato, bellino, con tutti i "meglio" musicisti del settore... troppo istituzionalizzato, come un nuovo disco di fossati o di waits, ormai troppo "mostri sacri" perchè qualcuno si azzardi ad una recensione negativa.

    E' gente col mestiere, nulla più, ma anche se ultimamente non mi tengo più al corrente mi viene da dire che per forza l'attualità debba essere altrove, Bruce adesso può suonare per qualche università... canzoni della depressione per professori di letteratura inglese... boh, mi interessa veramente poco. Per non parlare poi dei suoni pomposi e della voce troppo lirica di tutta una carriera. Eh Eh si nota che non lo amo? posso fermarmi qui?

    Altro appunto poco romantico: immagino che buona parte dei lavoratori sia contenta della vittoria della macchina e di poter evitare di scavare gallerie spaccando pietre a colpi di mazza, si insomma si può vederla in un altro modo: 'sti spilorci di datori di lavoro che mandano la gente a spaccare pietre con le mazze e nemmeno investono in una macchina a vapore... ed ecco arriva il fedele, negro (allora li chiamavano così), lecchino John Henry che come un cavallo sellato si fa scoppiare il cuore per aumentare il fatturato dei suoi padroni... Chissà perchè sempre sti miti da martellate nei maroni, mah...

    ciao ciao

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  9. ecco, prima ho postato senza loggarmi (ma che lingua è???) allora son saltato fuori anonimo

    ariciao

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  10. Caro mutation, ognuno ha giustamente i suoi interessi. Non tutto quello che dici è sbagliato, capisco l'avversione per operazioni "alte" e patinate che si fingono "basse" e ruvide. Il punto è che - soprattutto guardando il dvd - io non credo che questa operazione sia "finta". Colpisce proprio la sincerità, divertimento. E trasuda.

    Il Boss ha fatto una cosa umile, non tracotante. Per camionisti, ferrovieri, cameriere e vecchi suonatori di banjo. Romanticume, okay, ma niente prof d'inglese. Un po' come se Vasco avesse registrato un disco coi "suonatori delle quattro Valli", canti operai e di mondine.

    Sarà roba "istituzionale", ma i nostri super-artisti stentano a fare simili opere di scavo mettendosi a rischio (lode a De Gregori).


    L'attualità sarà altrove, ma ti invito a leggere l'articolone che parla di Norberto Bobbio, oggi su Repubblica. Il passaggio su come a volte la libertà la si trovi nel cammino all'indietro.


    Sulla tua interpretazione del mito di John Henry soprassedo. Io preferisco vederlo come un Ned Ludd ante-litteram, anzichè uno Stakhanov spersonalizzato.

    Un Ned Ludd romanticheggiante, okay.


    C'è qualcosa di male a ricordarci i quadretti ad acquerello, in questa grigia epoca di precariato post-fordista?


    ;)

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  11. Hai delle ragioni, ma sei cinico e disincantato.


    Al cinema esiste un atteggiamento psicologico definito "sospensione dell'incredulità".

    Una roba tipo che credi alle favole.


    Ieri sera, ad esempio, ho visto l'"Ultimo Samurai". Ho passato mezzo film a smontarlo e mordicchiarlo. 'Sta storia dell'ammerregano ipercoraggioso che arriva e capisce tutto dell'oriente, che c'ha il software-bushido incorporato...

    Poi, però, senza accorgermene mi sono emozionato. Ho "sospeso" la ragione, immergendomi nel combattimento finale.


    Dopo, ho voltato un attimo su Mentana. Ho visto il superbraccialetto di Moggi e son tornato incredulo. Incredulissimo!

    ;)

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  12. Chi lo sa, forse prima della pianificazione e del dibattito ci vorrebbe un po' di conoscenza... ognuno è libero di pensarla come crede, ma magari farsi un giro dove è nato BS sarebbe utile, capire quello che dice pure, quello che canta non ha mai avuto nulla di patinato. Ha fatto i soldi, vero, è andato pure a vivere dove i soldi erano di casa, poi è ritornato da dove veniva perchè lì era casa. In quanto a John Henry il negro della Ferrovia, o a Tom Joad il contadino della Deressione, sono figure tradizionali della storia americana, non è il caso di vederci per forza romanticismo o lotta di classe...

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  13. Però, Biancac, Steinbeck era un vate della depressione, del romanticismo e della lotta di classe…

    Insomma, se capisci cosa intendo, non separiamo i concetti per comodità di dibattito.

    ;)

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  14. Lorenzo, nulla di più vero. È altrettanto vero il contrario però: non usiamo personaggi che fanno ormai parte della tradizione di un paese senza troppa storia come stereotipi noiosi di un dibattito decrepito e obsoleto... ;-)

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  15. D'accordo, Biancac, non usiamoli così. Vivifichiamoli. Per citare Mutation io mi sarò lasciato infinocchiare dal mito del "lavoro sopra ogni altra cosa". Ma basta guardarsi attorno per capire che le conquiste passate vengono smantellate capillarmente giorno per giorno, una alla volta, ovunque. La dignità del lavoro sta finendo "sotto ogni altra cosa". Steinbeck, London, Caldwell, Dos Passos avevano capito l'importanza della sfida, della battaglia. Scrivevano su questa lunghezza d'onda. Creando figure eterne, mai obsolete. La battaglia per la dignità umana, per me, si combatterà sempre. Nonostante i sopraffini tentativi internazionali di renderla obsoleta, decrepita, inattuale.


    Certo, sciare a Dallas e far eruttare un vulcano finto sono robe più moderne che la sindacalizzazione di un call-center o dei pony-express della pizza.


    Ripeto, datemi un martello!


    (a questo punto aggiungo come misteriosa tag il già citato "verso Nairobi"!)


    ;)

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  16. ma come "sarai presente" a nairobi 07? hai ragione, vivifichiamoli... anche perchè nel quotidiano e in mille modi è la dignità in generale che sta finendo sotto ogni altra cosa :-)

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  17. Sarò presente il più possibile. Se mr. "da la dentro" me lo permetterà, anche fisicamente.

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  18. Molto bella la tua "lettura" del disco del boss... vien proprio voglia di comperarselo.

    Io ho molto amato lo Springsteen degli anni 80, quello di "Born in the USA" e "Tunnel of love", per intenderci. Di canzoni come: "The river", "Nebraska", "I'm on Fire", "Tougher Than the Rest" e "One step up".

    Grazie della segnalazione. Paolo.

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  19. Benvenuto, rearwindow. Per me è stata una grande scoperta, perchè - a differenza tua - io non andavo pazzo per il Boss epicheggiante degli eighties!


    Altra potenzialità del disco, aver tirato fuori dalla sabbia l'immensa figura di mr. "I had a Hammer" Pete Seeger. Repubblica gli ha fatto una bella intervista. La mitica scritta sul suo banjo "This machine..." ecc. ecc.


    Si chiude il cerchio con il più volte evocato Woodie Guthrie e con quella sinistra americana ruspante, per nulla compromissoria, che io adoro!

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