Non lo so, Lo, io sono troppo impressionabile per essere un'appassionata del genere. Posso drti, però, che i miei incubi notturni sono sempre legati a qualcosa che ha a che fare con la claustrofobia (eppure non sono claustrofobica!). La cosa veramente agghiacciante è che, tutte le dannate volte, scopro che la bara, intorno a me, me la sono costruita da sola (con parole, opere o, più facilmente, omissioni...). A quel punto è ovvio che nel sogno urlare non serve a niente, perchè nessuno ti sente o perchè la voce non esce... non serve a niente perchè è nel nucle di se stessi che quella voce deve arrivare, non in un fuori ormai impossbile.
Ecco, ora che ho scritto il mio post inutile, ti saluto! ;-)
Stanotte sono successe cose per le quali non ho avuto bisogno di avere incubi... ne stavo vivendo uno... e dentro di me ero così, un urlo inespresso che non veniva fuori, ma io lo "sentivo" e mi sentivo anche la "faccia" cher urlava, mentre la mia voce usciva dalla bocca apparentemente tranquilla e "misurata".
Psicologia da strapazzo sulla blogosfera. Strano però che nel raccontare una storia horror si pensi solo a se stessi, ai propri incubi, per di più in versione claustrofobica.
'Sta rete espande o comprime?
O semplicemente specchia?
Che personaggi vedreste in una vostra personale versione di "Lost"?
ogni tanto 'sta rete ingloba, in altri momenti aggroviglia ed attanaglia, in altri libera, in altri ci fa sentire come piccole mosche catturate... in attesa che un ragno faccia festa...
Questo romanzo col ragno l'hanno già scritto, Truth. S'intitola "Tre millimetri al giorno", di Richard Matheson (Edizioni Fanucci).
Ha un finale simile al nostro. L'infinitamente grande che si fa infinitamente piccolo. Ma che può essere infinitamente a suo agio anche nel piccolo, volendo.
Mumble... Per quanto mi riguarda, se devo pensare ad una storia horror, cosa a cui per indole non ho mai pensato, mi vien sì più facile di pensare alle mie paure e ai miei incubi, piuttosto che a storie più o meno inventate con la fantasia.
Non credo sia tanto colpa quindi, almeno in questo caso, della rete che ingloba.
Nel mio caso è solo mancanza di fantasia, unita in effetti, a quel pizzico di egocentrismo che, come un po' tutti, mi porto sempre dietro sia dentro che fuori la blogsfera.
Il massimo che potrei fare è un mix di tutti i miei incubi ed inventare un protagonista che li viva al posto mio!
Perchè altrimenti, gli orrori, sono quelli che vedo fuori tutti i giorni...
La fantasia è un muscolo, Rugiada. A quale personaggio immaginario faresti vivere una storia horror? Uomo, donna, professione, età. Luogo. Dove, come e attraverso chi proiettare un tuo incubo.
Pensa ai classici dell'horror. La doccia, l'hotel abbandonato nella neve, lo scrittore impazzito, partorire il figlio del diavolo, la statuetta che prende vita, i morti che ritornano...
Cosa ti spaventa di più? Ovvero, cosa/chi useresti per spaventare di più?
Eh sì... La fantasia è proprio un muscolo. Diciamo che di solito però la mia fantasia è sintonizzata su altri canali! :-)
Comunque... Uhm... I morti? Magari tornassero... No, i morti non mi fan paura, quindi non riesco a fantasticarci su. Sono certi vivi che bisogna temere!
Un ragazzino, sui 12-13 anni. E una scala da salire. Per quanto lui si impegni con tutte le sue forze e corre per arrivare in alto, la scala va solo in discesa. Più corre e più scende, benchè lui debba salire. E ad ogni piano, sia da un lato che dall'altro, corridoi infinitamente lunghi e bui. E porte. Bianche. Chiuse. Quando finalmente, ormai stremato, raggiunge l'ultimo piano, un'unica porta lasciata appena aperta. Silenzio. Buio. Solo un flebile spiraglio di luce dalla fessura...
Com'era quella storia dei "creative commons"? Boh?… La interpreterò a mio modo. ;)
Vedi, io ho in mente la sovrastruttura, la situazione di fondo (che ovviamente non rivelo). Ho in mente anche tutto il resto, a dire il vero. Ma se il personaggio di qualcuno volesse fare capolino, potrebbe farlo...
Guarda, stamattina mi sono svegliata con il ricordo di un sogno (a proposito di incubi!!) in cui arrivavo sul tuo blog ed in particolare su questo post e mi scrivevi: "ehi Rugiada, ora basta con tutti questi commenti".
Gulp! Più horror di questo!
Ci sono rimasta malissssimo!
Vedi di farti perdonare nel prossimo sogno, vigliacco!
Adoro le rose rosse, grazie!
:P
Comunque il mio piccolo contributo strampalato l'ho dato. Se vuoi che mi spremo ulteriormente, passa prima alla cassa.
Una donna siede in casa, sola. Sa di essere l'ultima persona viva al mondo: tutti gli altri sono morti. Suona il campanello. Il racconto perfetto. Non una parola in più del dovuto. È un pezzo di Thomas Bailey Aldrich, segnalato dal grande Dashiell Hammett nell'introduzione a "Red Brain", una bella antologia dell'Urania. Poi Hammett scrive "Il punto culminante di questo tipo di storie è quando il 'non può' diventa 'non deve'...'' Convincere che ciò che non può essere è. Ma anche nel nuovo piano di lettura irrompe il "No, non deve succedere questo, no !..." “Latherface” si agita nel tramonto, urlando, con la sua motosega dimenata a caso. È la fine d i "Non aprite quella porta". Forse l'ultimo grido della generazione dei Settanta. La fobia della provincia americana, i boschi, il deserto. “Un tranquillo Week-end di paura”, “L’ultima casa a sinistra”, “Le colline hanno gli occhi”. Un modo cittadino di spave...
Donne e blog. Sono loro l'aspetto più interessante di questo incredibile fiume carsico di comunicazione dal basso. Il blog è metà rivista e metà diario privato. Impagini il tuo vissuto, in modo da comunicare qualcosa al prossimo. Oppure crei un vissuto immaginario, in modo da stupire il prossimo. Oppure cazzeggi, esaltando l'aspetto weird del web. O tutte e tre le cose insieme. C'è un erotismo-in-sè, in questo mezzo. Che mai, mai diventa pornografia, anche nei post più arditi. Anzi, sembra il contraltare perfetto di quell'altro immenso fiume che scorre in internet. In senso dinamico le donne navigano in 'queste' acque in un modo molto più agevole (non ho detto 'sincero'). Mi pare che governino la situazione alla grande. La presenza maschile è residuale, ansiogena, stupita. Cazzo, che bello... la fine della pornografia! Però è anche la fine di un dominio. Classico scenario. Femmina trincerata dietro un nick-nam...
Intervista a Umberto Veronesi di Dario Cresto-Dina MILANO - "Ho l'impressione che il dialogo con i vescovi sia diventato un monologo. Bisogna fermarlo", dice Umberto Veronesi: "Mi sembra che la Chiesa voglia condizionare le scelte di un paese che, se devo giudicarlo alla luce dei comportamenti dei suoi abitanti, è a maggioranza non credente, o poco credente". Nel tentativo di contribuire a frenare questa " invasione di campo " il professore ha scritto un libro su un tema spinoso che da sempre gli sta a cuore. È un libro che difende l'eutanasia volontaria. Il titolo è un manifesto, nel senso che dentro c'è già tutto: 'Il diritto di morire' , la libertà del laico di fronte alla sofferenza. Dove la parola laico è un simbolo, un marchio. Professor Veronesi, mentre lei parla di eutanasia il Vaticano attacca su concordato, pillola abortiva, pacs, e fermiamoci pure qui. Un autentico contro potere italiano? "No, perché di sol...
E sentiamo! :-)
RispondiEliminaEra una notte buia e tempestosa...
RispondiEliminaProva ad andare avanti.
;)
Ma quest'ultimo commento è uno spam o è il seguito del racconto?
RispondiEliminaè il seguito del racconto. Più orrore di questo... certo non è quello che intendeva Lorenzo, scusate.
RispondiEliminaAnche se si è firmata altrove, già avevo intuito l'autrice. Meno fuori tema di quanto lei stessa si è sentita.
RispondiEliminaPrendo appunti.
Altri fuori/in tema?
Non lo so, Lo, io sono troppo impressionabile per essere un'appassionata del genere. Posso drti, però, che i miei incubi notturni sono sempre legati a qualcosa che ha a che fare con la claustrofobia (eppure non sono claustrofobica!). La cosa veramente agghiacciante è che, tutte le dannate volte, scopro che la bara, intorno a me, me la sono costruita da sola (con parole, opere o, più facilmente, omissioni...). A quel punto è ovvio che nel sogno urlare non serve a niente, perchè nessuno ti sente o perchè la voce non esce... non serve a niente perchè è nel nucle di se stessi che quella voce deve arrivare, non in un fuori ormai impossbile.
RispondiEliminaEcco, ora che ho scritto il mio post inutile, ti saluto! ;-)
gaia
Sei in crisi di idee? La dolce attesa ti sta troppo intenerendo? :-))
RispondiEliminaL'horror non è esattamente il campo in cui mi cimento meglio. Come sai, io, più miele c'è, e più mi sento a casa.
Comunque Gaia mi ha dato uno spunto parlando di incubi.
Potrei raccontarti qualcuno dei miei incubi ricorrenti, a seconda dell'età e delle fasi della mia vita. Per me, terrificanti!
Pronto con carta e penna?
:-)
Post utilissimo, Gaia.
RispondiEliminaNessuna crisi, rugiadì. Anzi, stento a contenerle. Comunque, sono pronto, vai!…
Stanotte sono successe cose per le quali non ho avuto bisogno di avere incubi... ne stavo vivendo uno... e dentro di me ero così, un urlo inespresso che non veniva fuori, ma io lo "sentivo" e mi sentivo anche la "faccia" cher urlava, mentre la mia voce usciva dalla bocca apparentemente tranquilla e "misurata".
RispondiEliminaPsicologia da strapazzo sulla blogosfera. Strano però che nel raccontare una storia horror si pensi solo a se stessi, ai propri incubi, per di più in versione claustrofobica.
RispondiElimina'Sta rete espande o comprime?
O semplicemente specchia?
Che personaggi vedreste in una vostra personale versione di "Lost"?
ogni tanto 'sta rete ingloba, in altri momenti aggroviglia ed attanaglia, in altri libera, in altri ci fa sentire come piccole mosche catturate... in attesa che un ragno faccia festa...
RispondiEliminalost??? solo in translation... ;)
Questo romanzo col ragno l'hanno già scritto, Truth. S'intitola "Tre millimetri al giorno", di Richard Matheson (Edizioni Fanucci).
RispondiEliminaHa un finale simile al nostro. L'infinitamente grande che si fa infinitamente piccolo. Ma che può essere infinitamente a suo agio anche nel piccolo, volendo.
Insomma, un invito a prendere le giuste misure.
Found in translation ;)
e caro Lorenzo.... dici poco!!! :)
RispondiEliminagrazie per la dritta del romanzo... lo cercherò!
Mumble... Per quanto mi riguarda, se devo pensare ad una storia horror, cosa a cui per indole non ho mai pensato, mi vien sì più facile di pensare alle mie paure e ai miei incubi, piuttosto che a storie più o meno inventate con la fantasia.
RispondiEliminaNon credo sia tanto colpa quindi, almeno in questo caso, della rete che ingloba.
Nel mio caso è solo mancanza di fantasia, unita in effetti, a quel pizzico di egocentrismo che, come un po' tutti, mi porto sempre dietro sia dentro che fuori la blogsfera.
Il massimo che potrei fare è un mix di tutti i miei incubi ed inventare un protagonista che li viva al posto mio!
Perchè altrimenti, gli orrori, sono quelli che vedo fuori tutti i giorni...
La fantasia è un muscolo, Rugiada. A quale personaggio immaginario faresti vivere una storia horror? Uomo, donna, professione, età. Luogo. Dove, come e attraverso chi proiettare un tuo incubo.
RispondiEliminaPensa ai classici dell'horror. La doccia, l'hotel abbandonato nella neve, lo scrittore impazzito, partorire il figlio del diavolo, la statuetta che prende vita, i morti che ritornano...
Cosa ti spaventa di più? Ovvero, cosa/chi useresti per spaventare di più?
Eh sì... La fantasia è proprio un muscolo. Diciamo che di solito però la mia fantasia è sintonizzata su altri canali! :-)
RispondiEliminaComunque... Uhm... I morti? Magari tornassero... No, i morti non mi fan paura, quindi non riesco a fantasticarci su. Sono certi vivi che bisogna temere!
Un ragazzino, sui 12-13 anni. E una scala da salire. Per quanto lui si impegni con tutte le sue forze e corre per arrivare in alto, la scala va solo in discesa. Più corre e più scende, benchè lui debba salire. E ad ogni piano, sia da un lato che dall'altro, corridoi infinitamente lunghi e bui. E porte. Bianche. Chiuse. Quando finalmente, ormai stremato, raggiunge l'ultimo piano, un'unica porta lasciata appena aperta. Silenzio. Buio. Solo un flebile spiraglio di luce dalla fessura...
Ehm... Che ne dici? :-)
Aspetta... Piano... Sto prendendo appunti...
RispondiElimina,)
Ricordati che il copyright è mio!
RispondiElimina:-)
Com'era quella storia dei "creative commons"? Boh?… La interpreterò a mio modo. ;)
RispondiEliminaVedi, io ho in mente la sovrastruttura, la situazione di fondo (che ovviamente non rivelo). Ho in mente anche tutto il resto, a dire il vero. Ma se il personaggio di qualcuno volesse fare capolino, potrebbe farlo...
Guarda, stamattina mi sono svegliata con il ricordo di un sogno (a proposito di incubi!!) in cui arrivavo sul tuo blog ed in particolare su questo post e mi scrivevi: "ehi Rugiada, ora basta con tutti questi commenti".
RispondiEliminaGulp! Più horror di questo!
Ci sono rimasta malissssimo!
Vedi di farti perdonare nel prossimo sogno, vigliacco!
Adoro le rose rosse, grazie!
:P
Comunque il mio piccolo contributo strampalato l'ho dato. Se vuoi che mi spremo ulteriormente, passa prima alla cassa.
;-)