Ho fatto un sogno

Vivere nel socialismo dell'armonia




di Zygmunt Bauman




Guardo il mondo globalizzato. È pieno di uomini costantemente in cerca di qualcosa d'altro. Sembra che corrano e invece sono fermi, in una condizione di angosciante staticità. Credono di intercettare, di interpretare il cambiamento. Stanno bene solo quando arrivano prima degli altri, e questo indipendentemente da quale sia la meta. Ma pensiamoci un attimo: in realtà non progrediscono mai. Inseguono qualcosa che è fuori da sé, un modello che non esiste e che non possono raggiungere, perché non ha radici nella propria identità: un nuovo taglio o un nuovo colore di capelli, una nuova macchina, un nuovo lavoro, un nuovo corpo, una casa nuova. Una volta conquistati, sono già vecchi. E la corsa non finisce mai. È un movimento circolare, un falso progresso che non produce nulla, perché non poggia su nulla. Il risultato è il trionfo dell'individualismo, che ha generato relazioni interpersonali in frantumi, rituali religiosi ridotti a parate carnascialesche. Un polverone di contraddizioni. Crescono l'ansia, la paura, l'inquietudine, e nascono dalla consapevolezza dell'impermanenza. Il disagio è capillare, diffuso. Le ragioni di questa crisi sono varie. Troppo lungo e difficile enumerarle tutte insieme. Certamente, la fisionomia effimera che ha assunto il mondo ha spiazzato tutti quanti. La velocità di cambiamento che investe l'economia e informa di sé ogni aspetto della realtà ha creato nella gente una condizione di continua incertezza, il terrore di essere sempre colti alla sprovvista e di rimanere indietro. È il trionfo della società liquida. "Una società - ho scritto nel mio ultimo libro (Zygmunt Bauman, La vita liquida, Laterza, 2006, ndr) - può essere definita liquido-moderna se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. La vita liquida, come la società liquida, non è in grado di conservare la propria forma, o di tenersi in rotta a lungo". Mi accorgo che siamo di fronte al declino dell'Occidente, del suo senso di competitività esasperato, del suo liberismo selvaggio, del suo progressivo ridimensionamento delle strutture sociali. E penso che il mito del cambiamento e della velocità, che pure ha causato una crisi di valori senza precedenti, porta con sé gli anticorpi che serviranno a ricomporre il mondo. Sono un ottimista e credo che proprio adesso ci sia spazio per una rivoluzione in cui la sociologia si riapproprierà di un ruolo centrale: guidare chi sta cercando una nuova morale. L'individualismo, il culto di se stessi, la ricerca esasperata della felicità sono le ragioni della crisi, ma insieme offrono opportunità straordinarie. L'idea che l'altro è solo un oggetto funzionale alla nostra auto-realizzazione andrà in frantumi. Tutto questo inseguire la realizzazione dell'io ci ha alienati ma anche responsabilizzati. E a questa nuova consapevolezza della responsabilità individuale, che pian piano stiamo introiettando, potrà nascere una nuova morale, adatta ai nostri tempi. Il mio collega britannico Anthony Giddens ha cercato di tratteggiare un possibile percorso di rinnovamento etico e spirituale. E per primo ha parlato di relazioni pure, non più cioè contraddistinte da rapporti gerarchici e da patti di convenienza, ma basate sul rispetto reciproco e su una comunicazione emozionale. È un ragionamento che lui ha applicato alla famiglia, ma che vale anche per la società nel suo complesso. Una comunità che insegue il culto dell'io è decadente, ma è anche capace di valorizzare una consapevolezza nuova, e di notevole portata etica. Se io sono il fine, sono anche il mezzo, lo strumento del cambiamento. Ecco, il mio sogno è che tutto ciò pian piano si strutturi nella mente. Nelle aspirazioni di ognuno di noi. Siamo chiamati in causa tutti quanti. Oggi più che mai è importante capire che la frammentarietà della realtà ha una potenza creativa di notevole portata. Fin qui è accaduto che, abbattuti dogmi e valori, piuttosto che liberarci ci siamo conformati a modelli culturali da spot. L'individualismo è stata una falsa liberazione: ha solo alimentato il conformismo. Ma, partendo da questo individualismo, potremo abbattere il conformismo. Bisogna solo agganciare e sviluppare in senso positivo il culto della responsabilità individuale. Ecco perché credo che ancora oggi si debba lavorare per dar vita a un nuovo socialismo. Non quello delle dittature, certamente, ma quello che traccia le linee guida di una società eticamente sana. Contro il consumismo ossessivo, i legami fragili e mutevoli, lo stress e la paura che tutto ciò genera, c'è l'antidoto. Proviamo a riflettere su un concetto semplice: la globalizzazione ci ha alienati ma ci ha fornito anche conoscenze fino a qualche anno fa insospettabili. E la conoscenza è di per se stessa libertà. Le nostre possibilità di scelta sono cresciute a dismi- sura. Adesso tocca capitalizzare questa libertà: invece di uniformarci a comportamenti sociali stereotipati abbiamo tutte le carte in regola per trovare una morale fatta di solidarietà e capacità di comprendere che ciascuno gioca un ruolo insostituibile. Il meccanismo della delega a autorità sociali e religiose altre, da noi è crollato? Bene, fatta tabula rasa di tutto ciò, possiamo dare alla modernità una valenza positiva. Non sta nei diktat eterodiretti la nostra possibilità di riscatto, né in una religiosità da hooligans, capaci di dichiararsi cristiani e devoti di Giovanni Paolo II e anche di uccidere, ma in un nuovo socialismo. Abbiamo inseguito il mito dell'io. Non dimentichiamo che la portata etica di una società si misura nella sua capacità di offrire a tutti pari opportunità di scelta e pari libertà, di proteggere i deboli, gli e- marginati. Io ce l'ho un sogno, è quello di perseguire l'ideale rinascimentale di armonia. Per Leon Battista Alberti la bellezza era strettamente connessa all'equilibrio fra le parti. La centralità dell'individuo è una risorsa. Felicità non è correre e poi fermarsi di botto. Ma saper star fermi, progredire, lentamente, consapevolmente. È una felicità solo all'apparenza più difficile da perseguire. In realtà sta lì, alla nostra portata. E riguarda tutti.
(Testo raccolto da Chiara Dino)






Opere di:


John Salt, "Chevy and Garage"
ritratto di Zygmunt Bauman
Kathleen Youngquist
Robert Fawcett,  "Lie on bed 2"
Principio di prospettiva centrale di Leon Battista Alberti
Ryo Suzuki, "Biginternet"






Commenti

  1. che post interessante, mi piace molto

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  2. L'anonimo che ti ha preceduta è rimasto addirittura senza parole.

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  3. Se non ricordo male "ho fatto un sogno" era lo slogan di una certa settimana di una certa occupazione, di un certa sede, di un certo partito, di una certa città......

    Allora ci accontetavamo di cambiare una città, adesso finalmente vogliamo ritornare a cambiare il mondo.

    Una volta il caro baffino disse una cosa che mi colpì molto: affermò che la Sinistra era una forza nata per cambiare il mondo, e che invece bastava si accontentasse di fare dell'Italia un paese normale.

    Io invece credo sempre nell'idea originale. Lo spunto che da questo post e le sue argomentazioni mi convincono pienamente, mi convince pienamente questa etica di società che per essere costruita ha bisogno dell'individuo senza in mito dell'individuo. Di un lento progresso consapevole.

    C'è dentro tutto, potrebbe essere la piattaforma ideale del partito democratico mondiale.

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  4. sto ascoltando Don ciotti da Bonolis. Tema:"il senso della vita"

    Risposta: "per me il senso della vita è vivere perchè, dopo di noi, anche per qualcun'altro la vita abbia un senso"

    Direi la pefetta sistesi fra il post di oggi e quello di ieri.

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  5. Anch'io ho visto quel passaggio, da Bonolis. La trasmissione rispecchia in pieno la cultura prèt-a-porter che diffondiamo in rete. Questo continuo scambio di suggestioni - che crediamo immense ma che il tempo rende piatte - che non è vera comunicazione. E' un succedaneo. Con tutte le opinioni che hanno (apparentemente) lo stesso peso. Nel caso di ieri, Bonaga, Asia Argento, Laurenti, Califfano e Don Ciotti… Ricetta? Frullare tutto e in velocità, per poi dare "la parola alla rete", con i suoi spot.

    Cosicchè il linguaggio si compatti, nella sua velocità, nella sua assenza di pesi specifici. Ed ecco che lo spot interagisce col "senso della vita".


    Cambiare il mondo, forse, passa anche attraverso il ritorno di un "peso specifico delle parole". Per questo mi sto sempre più disamorando di certi aspetti della rete (quotidiani on-line, in primis). Che brillano senza riflettere.


    Forse la colpa è del terzultimo post. Che da "peso". Che è maledettamente specifico.


    ;)


    P.s.: sottolineo il tag "verso Nairobi".

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  6. Comunque non so se hai visto in che condizioni era Asia Argento... Ha usato tremilavolte il termine procreare e mentre parlavano gli altri aveva uno sguardo allucinato.

    Ma in che condizioni era?

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  7. Beh, solite, mi pare. Il padre l'abbiamo conosciuto, no?


    ;)

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  8. Bé, l'amico fragile, di cui non so quali angoli reconditi sei andato a scoprire, diceva: "dal letame nascono i fior". Che dall'egocentrismo nasca l'ego-intimismo?

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  9. Sì, credo che la "colpa" - come la chiami tu - o la responsabilità - come preferirei definirla - sia effettivamente del terzultimo post...

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  10. Radiofax, ho scoperto il Faber dei primissimi lavori "Tutti Morimmo a Stento", "Non Al Denaro Non All'Amore…". E mi ha impressionato, a parte i testi, per il grande senso dell'innovazione musicale. Cosa di cui parlano in pochi.

    Per il resto, io voto per l'ego-altruismo. Ho da poco conosciuto un "sacerdote" romano di questa straordinaria dottrina! ;)


    Biancac. L'etica della responsabilità nella società-fluida... Organizziamo un seminario?

    ;)

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  11. Ciao Lorenzo, cos'è l'ego-altruismo?

    Questo articolo è molto interessante, Bauman mi piace ho letto vari libri, non quest'ultimo a dire il vero. Mi puoi dire dov'è apparso? Comunque ha ragione. Ho ricominciato a insegnare, e mi piace un sacco. Anche i ragazini delle medie mi sembrano sballottati, disorientati un po' troppo tristi ti dirò. ma avremo modo di riparlarne. Io credo che abbiamo bisogno di gente che ci fa pensare come Bauman, che intravede delle piste.

    Condivido anche quello che dici sul frullatore televisivo: non so se hai visto l'anno scorso Bonolis che parlava al telefono col condannato a morte, la sera prima dell'esecuzione poi avvenuta. Da un lato uno pensa: almeno se ne parla in prima serata di questo tema importante ecc. Dall'altro è un'occasione in più per voltare vorticosamente pagina un minuto dopo, niente può turbarci per più di pochi minuti. Io per esempio ho letto il tuo post sul film dell'orrorre, quello di oggi, e volevo dire qualcosa, poi ho aperto la mia posta e un'amica mi ha mandato quell'articolo sui bambini in centroamerica, allora non ho resisitito: l'orrore è questo ho pensato, per questo vale la pena non chiudere occhio stanotte, o parlarne domani a scuola, oppure tenerlo nel cuore, oppure far crescere un altro mondo dentro di noi e attorno a noi. Scusa, non volevo rovinarti un post creativo, creazione di gruppo, ma non ho resistito, ho pensato che avresti capito, o che comunque le secchiate di acqua fredda le apprezzi.

    Poi su de Andrè, lo sto scoprendo anch'io, cioè cerco di approfondire un po' le mie scarse conoscenze, è davvero un poeta. Lo sai che la scuola dove insegno si chiama Fabrizio de Andrè? Fico no?

    Erika

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  12. Ego-altruismo = io felice di risentirti.


    Ti basta?


    P.s. Bauman è apparso du D(onna) di Repubblica.

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