-7) Di coppole, pizze e pervicacia

“Il centro è un disastro!” , dice il giovane pizzaiolo. “Se qui diventa come il centro, c’è da espatriare. Sono andato da un amico, che ha un’agenzia immobiliare in via Gramsci. Belìn, che schifo. Spazzatura dappertutto, non c’era un italiano. Gli ho chiesto come fa a stare lì, in mezzo a quel letame”. “Probabile che faccia buoni affari, con le speculazioni sugli immigrati”, dico io. La mamma pizzaiola mi guarda strano. Uno sguardo più intelligente. “Gli equadoreñi sono il problema, perché non si integrano, fanno comunella e sono violenti”. “Un po’ come gli italiani di inizio secolo, espatriati negli Stati Uniti”, dico io, “Pizza, coppola e mandolino, si diceva. In realtà erano grandi lavoratori”. Si unisce anche papà-pizzaiolo, sedendosi. “E quelle col velo, che guardano dal buco? Da Vespa c’erano delle donne che erano d’accordo con quel padre pakistano che ha ammazzato la figlia”. “Questo è un vero problema, di arretratezza culturale,” dico, tagliando la bufalina. “Come il delitto d’onore, in Sicilia era di regola fino a qualche anno fa”. “Eh, già…”, abbozza papà-pizza. “Nel pubblico, da Vespa, ce n’era una che difendeva il velo, ma convinta”, continua mamma-pizza. “Era anche colta, proprio tosta. A me quello fa paura”. “Per lei è una specie di bandiera, di identità rivendicata. Fanno fatica a integrarsi, e non possiamo chiedere loro di diventare come noi nel giro di una generazione.”, insisto. “Per mio conto, quelli così li rispedisco nel deserto, Belìn”, mugugna figlio-pizza. “Forse è quello che dicevano gli americani di noi, fino agli anni Sessanta” puntualizzo, “Rispediamoli in mezzo alle capre”. E così via. Per mezz’ora. Botta su botta, punto su punto. Senza cedere di un millimetro. Mai un cenno di accodiscendenza nei loro confronti. Mi guardavano come fossi un marziano, totalmente disabituati al contraddittorio. Mi è andata per traverso la pizza, ma n’è valsa la pena.

Ieri sera, su MTV, ho visto il finale di “Avere Ventanni”, del mitico Massimo Coppola. Intervistava una specie di naziskin in cafetano, che sorseggiava un cocktail sul bordo della piscina. È sera, in un villaggio turistico, forse a Sharm. “Perché li pesti?”
“Perché non se ne stanno a casa loro.”
“Ma come, lo dici tu? Sei qui, in Egitto!”
“Che c’entra, sono in un villaggio, protetto dalle guardie.”
“E mi hai detto che lavori in Svizzera, no?”
“Sì. Vivo lì.”
“Anche tu sei un immigrato!”
“Sì, va beh, ma io sono a trenta chilometri, vicino.”
“Anche l’Albania è vicina, vicinissima.”
“Sì, va beh, ma loro sono al novanta per cento criminali.”
“Hai letto una statistica sugli albanesi? Dove? Dove l’hai letta?”
“No, non ho letto niente… Ma lo dice la gente… Tutti lo dicono, dài…”
“E tu li pesti perché lo dicono tutti. È così!”
“Io sono chiuso, capisci. Ho le mie idee e non mi convinci.”
“Secondo te perché vengono da noi?”
Silenzio.
“Secondo te perché vengono da noi? C’è ricchezza o povertà da loro?”
“Beh, povertà…”
“Secondo te, perché c’è la povertà?”
“Beh, sono le loro società…”
“È colpa loro?
È tutta colpa loro, la povertà?”
“Beh, non lo so…”
“E tu li picchi per questo?”
“No, non solo… Io la penso così, capisci. Non mi convinci.”
“Studia. Ti lascio, ciao.” Incazzato, si rivolge al cameramen. “Andiamo via.”
E lo pianta lì, col suo cocktail, spaesato.




Bansky, "Nighthawks"

Massimo Coppola





Commenti

  1. "Sono in un villaggio, protetto dalle guardie".

    Questa è la loro posizione fisica, morale e dialettica. Non c'è niente da fare.

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  2. Cwiz. Fisica, morale e dialettica = politica.


    Che per me, Biancac, è materia talmente seria da ridere di queste cavolate da utopisti francesi alla Blanqui (a meno che non gli serva un misero deputatuccio da tot al mese, allora possiamo parlarne! ;). Sì, talmente spaccapalle idealista da essermi messo a discutere con un altro, al bar. Lui voleva fare il partito degli onesti "perchè sono tutti uguali, tutti, e bisogna spazzarli via".


    Proprio incazzato (benestantissimo, chiaramente), parlava ad alta voce, e non permetteva agli altri di parlare. Mhm.


    Il qualunquismo da "villaggio difeso dalla guardie", che ci dobbiamo costruire da soli, perchè se aspettiamo quelli là... Monta come la panna. Religiosità su misura, politica su misura, sdegno commisurato. Come se ognuno scrivesse il suo blog di tutte le cose. Blog è comunicazione, non soliloquio con eco altrui.

    Certo, tutto richiede più sforzo.


    Io la penso così. Ti ci ritrovi, Batsceba?


    ;)

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  3. Non dovevo perdermi il Coppola, lo sapevo. Però se lo incontro gli stringo la mano (all'altro no, che capirebbe il mio linguaggio solo se avessi una mazza chiodata, di cui però son temporaneamente sprovvisto).

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  4. Leggendo questo post mi e' venuta in mente la celebre scena del film Ecce Bombo, di Nanni Moretti. Il tipo nel bar dice "Per me neri e rossi, so' tutti uguali.." e Moretti che si infuria e dice "Ma dove siamo...in un film di Alberto Sordi?".

    A distanza di una trentina d'anni, e' triste vedere che Radio Qualunquismo e' ancora cosi' popolare. Ora pero' abbiamo la risposta da dare a Moretti: si, siamo proprio in un film di Alberto Sordi.

    Saluti.

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  5. A me è capitato d'incontrarlo, Todomodo. E gli ho stretto la mano volentieri.


    Solaroplus. Un Sordi diretto da se stesso, però. Monicelli lo terrebbe più in riga. Saluti a te!

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  6. ciao lorenzo.


    ne avevo vista una puntata di "avere 20 anni". intervistava un manager d'assalto che disprezzava chi non aveva le palle come lui di lanciarsi e fare successo. E ugualmente alla fine dell'itervista lo lasciava di sasso.

    In entrambe le interviste Coppola con abilità ha sottolineato la pochezza delle argomentazioni dell'intervistato tramite osservazioni basilari, che anche un bambino avrebbe capito. Ebbravo Massimo. ebbravo anche tu che ce lo segnali. :-)

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