Scantinati

«Addio Unità». Senti come suona la frase stessa. In molti ridacchiano, altri fanno i duri contro il finanziamento pubblico all'editoria, presente in tutto il mondo occidentale, come per altri comparti della cultura, ma noi siamo quelli a tasso civico zero. Siamo anche quelli che leggono meno, non a caso. Poi, esiste il discorso non aggirabile. La sinistra italiana era tra la più forti e culturalmente innovative del pianeta, si era ridotta a considerare questo importante giornale come palestra per esercizi correntizi di partito, roba terra terra, senza nessun respiro. Negli anni, un passo alla volta, è stato un continuo arretrare, mollare per strada un principio, una posizione, un diritto. L'anima stessa. Finché, alla fine, non si esiste più. Ci sarebbe un immenso territorio da esplorare - giovane, movimentato, sperimentale, pieno di direzioni diverse, soprattutto internazionali. Ci sarebbero migliaia di stimoli per rielaborare un senso organico della cultura e della funzione della sinistra storica, sprovincializzandola, rendendola eretica rispetto al tempo. Oggi, eresia è ricostruire un immenso movimento per la Pace, ad esempio. Sognare il Governo Mondiale. Sfidare la rete, studiandone la struttura perversa, che tanta parte ha nel cataclisma di sistema in atto. Su quel giornale scrissero i migliori, da sempre. Apriva Fortebraccio, la cui verve conteneva tutti i social possibili di adesso. Ma il nuovo Fortebraccio esiste, io lo vedo, diffuso, sparso. Basta raccogliere. Manca tutto il meglio del classico. La rielaborazione di quanto avveniva nelle sezioni, durante la diffusione del quotidiano. L'alfabetizzazione, l'emancipazione culturale del povero. Mi tuffavo sempre negli scantinati delle sezioni, ci ho trovato romanzi da urlo: Howard Fast, Albert Maltz, Richard Wright. C'era pure la fantascienza sovietica. Non proprio tutto, insomma, ha accento romano. Mio cugino mi dice che uno dei "Chemical Brothers" tiene conferenze sul marxismo. Sarebbero stati ottimi editoriali, a saper essere curiosi. Ecco, ci siamo capiti.
C'è una frase che arriva da lontano e oggi, purtroppo, suona come epitaffio più che epigrafe:
“Crisi è quel momento in cui il vecchio muore ed il nuovo stenta a nascere.” (Antonio Gramsci)

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