Has Fidanken!

La lingua è psiche profonda. Il rapporto tra l'italiano e l'inglese, fin dai tempi della "perfida albione", è segno di una alternanza tra senso di superiorità storica e sudditanza psicologica, ché neanche gli arbitri con la Juve…
Lo si coglie dall'italianizzazione ridicola e forzata, quando ce la tiravamo da Impero e Superman diventava "Nembo Kid". Come è noto, "kid" è termine italianissimo!
Mai stati capaci di essere autarchici, da soli combiniamo niente, non avendo cultura amministrativa e materie prime. Tranne una, presente proprio nella ricchezza semantica della nostra lingua, che è ricchezza psicologica, volendo. L'italiano lavora meglio, inteso come lingua, e guarda caso anche inteso come persona. È sessualizzato, avverbiale, indaga quel che esprime nelle  pieghe stesse della sintassi. Non è rigido, è duttile, apre scenari inediti, parte da lontanissimo, dalla notte dei tempi, e cerca sempre territori nuovi del suo esprimersi. Ma anche della persona, del suo lavoro. Don Lorenzo Milani l'aveva capito, individuando la differenza tra ricco e povero come una differenza di numero di vocaboli, prima a ncora che di beni materiali. La famosa "creatività" italiana nasceva da questo segreto, coltivato sui banchi di scuola. Almeno fino a prima del primato turbocapitalista, in cui la lingua si è piegata a fonemi per spot, per vendere prodotti, la forza dell'italiano è diventata Forza Italia, e "il nuovo sogno" era la banalizzazione di ogni cosa, per trasformare il popolo in pubblico; una genìa di compratori, tifosi ed elettori insieme. Un piccolo capolavoro di genocidio culturale, linguistico in primis. "Invidia", la parola chiave. Corredata da concetti semplici - amore, odio, tasse - svuotati completamente della molteplicità dei loro significati. E quando i termini diventavano astrusi era per intorpidire le acque: il "primum EXTRA pares" tirato fuori da Ghedini in una arringa di difesa del mostro semplificatore minacciato dai complicatori linguistici del momento, i magistrati con le sentenze.
La ricchezza semantica di Totò s'è fatta Zelig, "siamo uomini o caporali" diventa "Chi è Tatiana?". Dal Drive-in, una lunga sequela di slogan comici(?) da ripetere insieme al pubblico in sala, come gli alè-o-oo dei concerti o lo slogan dello spot da replicare al bar, condendolo alla bisogna con gli amici.
Has-fidanken! È una brutta fazenda!
Intanto, la cultura anglosassone ci avrebbe imposto l'idea che la scuola diventa trampolino per l'azienda e l'economia, grazie ai turbocapitalisti nostrani che vedevano nella scuola la fucina dei nemici di classe. Ed ecco che la lingua - l'indagine preziosa di Rodari, per esempio - evapora, facendosi schiava dell'insiemistica, diventa sillabe da imprigionare in rapporti numerici. Diventa anch'essa matematica, quando invece dovrebbe essere il contrario: è la matematica che scaturisce dalla filosofia, dal mistero esoterico dei pitagorici. Ecco che la Storia è risolta a quiz, e tutto si piega alla valutazione, al test di ammissione, come quelli per X-factor, o Amici. E la prova Invalsi è la sfida, coi giudici che decidono di te studente, della qualità del tuo insegnate/coach, come nei talent.
Il talento diventa "talent". e tutto precipita nella cultura binaria delle nuove tecnologia, della rete. Gli emisferi cerebrali digitalizzanti.
Quando sento Berlusconi, Renzi ed altri prestarsi al dileggio per l'uso ridicolo dell'inglese, partecipo allo sberleffo, ma non al retroterra psicologico che lo sottende. Che è una resa, una sconfitta. Ma non nel senso che la vittoria sarebbe il contrario: Nembo Kid e il "noio vulevàm savuàr". Ma, al solito, la giusta media. Quel territorio del dialogo, della contaminazione reciproca, che gli "spot", i "banner" e il turbocapitale vogliono tenere come esclusivo per le merci.
L'altro giorno ho visto in un video degli imprenditori di "Start-up", dovevano esporre "il pitch" della loro idea di business, in un minuto. L'economia è una sveltina.
Poi ho letto che il governo dopo il "job act" lavorerà sulle "civil partnership". I diritti civili come elaborati preliminari.
"Parli a come badi" avrebbe dettoTotò, facendo davvero l'amore con le parole, con la loro sapienza. C'era la pienezza dell'eros, nella fatica di Rodari sull'infanzia.
"Parla come mangi". E si aprirebbe un discorso su gastronomia e sessualità!…
Insomma, non so come altro dirlo, ma grazie all'italiano, credo di essermi capito, se non spiegato, come le vele.

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