Una serata così

Disarticolata.

Piccola Festa de l'Unità al Porto Antico. La balera. Intorno si raccoglie un'umanità da film di Herzog, con tocchi felliniani. Sedie di legno, rivolte alla pista. Quella tipa grassisima, vestita con una tuta color gelato al puffo. Continua a fare la mossa. Davanti a lei uno con la cintura gialla, che si dimena come un Jerry Lewis al rallenty. Disarticolati. Una coi capelli viola in tinta col vestito. Uno con la gobba che le invita tutte. Il ballerino più tecnico ha dei profondi occhi castani fra le rughe, la maglietta nasconde una recente tracheotomia. Sigarette senza filtro. Una coppia di anziani fatti come due comodini. Ad ogni curva, lei pare sul punto di andarsene. Altri, vestiti a festa. Cravatte, camice, gonne e tacchi improbabili. Il gruppo è compatto, interconnesso, tracimato dai vicoli e dagli anni Sessanta. Uno, guarda caso, somiglia a Pasolini e balla insieme agli altri con uno strano plico arrotolato in mano. L'orchestra è sobria, cinque elementi in linea con l'ambiente intorno. Country italico puro, un paio di assolo degni di nota.

    Poi, m'immergo nei Settanta. Rob Zombie e il suo "The Devil's Rejects". Un film incredibile. Duro, rivoltante, insostenibile, a suo modo coltissimo. Come i primi di Tobe Hooper e Wes Craven. Per capirlo a fondo sarebbe d'uopo aver visto Non aprite quella porta, i film di Russ MeyerSpider Baby, Le colline hanno gli occhi, Il Cattivo Tenente, Che fine ha fatto Baby-Jane?, Two Thousand Maniacs. Ci sono rimandi anche a Easy Rider, a La Rabbia Giovane di Terrence Malick. L'incipit richiama Pat Garret & Billy the Kid di Peckinpah e finisce con lo stesso impatto emozionale di Butch Cassidy, Thelma e Louise, Sugarland Express. Un road movie etnico, che mette in scena l'America profonda, puzzolente, sconosciuta. Quella frontiera che ascolta Cash ma vota Bush. Motel, bordelli, una country-band derelitta, killer messicani deformi e tatuati, commercianti fotti-polli. Disarticolato, irriverente, totalmente politically in-correct. A metà si compie una inversione a "U" sul piano etico e di punto di vista e viene in mente La famiglia Addams, il suo essere incompresa dai "normali". Molte citazioni. Groucho Marx, Elvis, i cartoni animati di Buffalo Bau, i telefilm Beverly Hillbillies parecchio western. Il mago di Oz, Willy Wonka e le favole nere, addirittura "The Passion" di Gibson. Ma non un citazionismo glamour e di testa, alla Tarantino. E' di viscere, rude, più alla Joe Lansdale, di cui si sente l'eco nei dialoghi. C'è la musica dei Seventies, il blues di Muddy Waters, il cajun. E una lunga, toccante, avvolgente "Free Bird" dei Lynyrd Skynyrd, sulla quale s'innerva la meravigliosa scena finale.
Davvero, tutto questo. Un piccolo gioiello, per stomaci forti e menti aperte.

Deliziosa serata disarticolata!

Quel brutto che diventa poesia.

Matt Cauley, "A Clockwork Orange: Inside"
per la foto, cliccarci sopra




Commenti

  1. Due horror al prezzo di uno.


    Quello poetico della balera, che parla di vecchiaia, malattia e (non) solitudine e quello crudo e violento che parla di mostri che poi sono eroi.


    Riguardo al secondo... fa parte di quei film che fanno sperare a un ritorno del genere in grande stile. Senza rimasticature, strizzate d'occhio invadenti e patinature commerciali fastidiose.

    Lunga vita a Zombie!

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  2. credo di non avere il distacco necessario (che bella lettura che sai dare ai film)

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  3. Condivido il giudizio di Yzma, tu sai dare una bella lettura ai film.

    MA : comincio a pensare che i blog siano un posto dove la gente parla da sola, e poi altri fanno finta di parlare con lei, e parlano da soli anche loro.

    Ma chi sono?

    Parlo da sol... anch'io?!

    Aiuto?! C'è qualcuno?!

    Mi sa che preferisco vivere...

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  4. Quello che dici non è insensato, anonimo interlocutore/trice.

    La blogosfera è ricca di cazzeggio.


    Qui però, non si parla, si scrive. Che è attività diversa. Un piccolo modesto filtro.

    "Parlare" da soli o meno, l'importante è avere qualcosa da dire.


    Propedeutico al vivere, secondo me.

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  5. io parlo spesso da sola. è un male?


    :)


    Tri

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  6. Così, a prima vista, l'umanità da film di Herzog continua sul blog. E l'anonimo, suo malgrado, ne è parte.

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  7. No no, troppo horror per poterlo vedere. Mi fido, ma proprio in senso lato -____-'

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  8. Trisha. Beata te. Io parlo SEMPRE da solo, fa parte del mio mestiere.


    Radiofax, hai ragione. Però l'anonimo/ma, ha detto una cosa che merita riflessione. La sempiterna riflessione di chi smanetta la testiera tutto il giorno. Questa "ansia comunicativa" è curiosa e, in effetti, può apparire un po' malata.


    Todomodo. E bùttate!

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  9. Purtroppo il film di Zombie mi è sfuggito, vedrò di recuperlarlo in qualche "arena", o in DVD. Mi era molto piaciuto la Casa dei 1000 corpi. Film atipico, anche quello "citazionista", ma non in stile Jarhead, per capirsi, a tratti duro, sempre sul filo di una graffiante ironia. Sul sogno ammerikano... Gran "bel" personaggio (potremmo dire tarantinisco, quello di Sid Haig! Confido in Zombie e nei giudizi di Lorenzo.

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