Corrente elettrica

Mi hanno invitato a Carpi, per un ciclo di conferenze nelle scuole. Era da un po’ che non viaggiavo in treno e che non incontravo i ragazzi. La seconda esperienza è stata incredibile. Un istituto professionale, primo anno. In cento, di tutti i colori,


Campanella. Sembra un gong di fine ripresa. Mi siedo all’angolo, mi portano l’acqua. Pacche sulle spalle, mi riprendo. Giusto in tempo, parte il secondo round. Altri cento. Evvài. Presentazioni, due blabla, pennarello. Chiedo un protagonista. “Un gatto!”, grida il bulletto di turno. Tutti giù a ridere. Io scrivo “Gatto” sul blocco e gli dico bravo. Lui alza le sopracciglia. E poi? “Un ragazzo.”, suggerisce la ragazzina accoccolata tra le gambe dell’amica del cuore. Da lì in poi ci seguiranno. Nome? “Jacopo!” gridano in tanti. Resto basito, non solo per motivi personali. Ma anche statistici. Il cervello collettivo di quei ragazzi, in momenti diversi, con persone diverse ha prodotto due nomi pressoché identici. Mi piacerebbe capire perché. Forse qualcosa che riguarda la cronaca locale? Putroppo anche l’eroina segna un trait-d’union. Dopo un quarto d’ora di crescendo rossiniano, mi accorgo che sul blocco ho scritto:

Nuovo balzo senza rete, con doppio salto mortale carpiato. Anche stavolta fila liscio. Anzi meglio. Alla fine, steso il lenzuolo di scottante materiale, tiriamo le fila, risolviamo i problemi, calibriamo gli snodi narrativi. Ci documentiamo, aggiriamo ostacoli. Come ciliegina finale chiedo tre dialoghi di raccordo. Faranno da ossatura al componimento. Con l’ultimo dialogo, proposto timidamente da una ragazzina con la t-shirt a righe, si compie il miracolo. La battuta finale ribalterà la tragedia in commedia. Davanti ai loro e ai miei occhi, si è sciolto il sangue di San Gennaro della narrazione. Il demone del racconto vince la realtà, la inghiotte, procedendo virtuoso. Nell’uscire, la ragazzina mi sfila a fianco e dice grazie.
“Grazie a te”, rispondo.
Poi visita al Mac’è, tortellini di zucca con aceto balsamico e viaggio in treno, dove ho conosciuto Nicholas. Studente bolognese, angolano, piccolo fan di Jimy Hendrix. Ma questa è un'altra storia, di cui parlerò solo col suo permesso.
A sabato prossimo, mia bell’Emilia.
che bella cosa hai fatto :))
RispondiEliminaGrande! Bellissima esperienza immagino. Non mi reputo un matusa, eppure già alla mia età mi accorgo che riuscire a comunicare con ragazzi di quest'età è difficilissimo. In un'epoca in cui ci si sente esistere solo se si è protagonisti, sei riuscito a catturare la loro attenzione ed accendere creatività ed emozioni.
RispondiEliminaBravo.
Che cosa magnifica..
RispondiEliminagià era bella l'idea dell'incontro
poi quello che sei riuscito a tirar fuori tu da perfetto saltimbanco delle parole..:-)
I ragazzi sono furia vitale..
bisogna parcheggiargli nel cuore ..negli interessi per accenderli..
tu hai quel dono..
Un bacione bello
Eli
Io credo che il gioco stia a mettersi al loro livello, parlare la loro lingua. Senza mischiarsi, tenendo le distanze, ma muovendo l'acqua nel fossato che ci separa. E' anche un gioco di sguardi.
RispondiEliminaMi piace farlo coi bambini, e adoro gli adolescenti. Li trovo esaltanti.
Due categorie che sembrano non esistere, al di fuori della cronaca nera o del gioco delle merci.
Forse perchè anche la rete è dominio di entropie borghesi, trentenni, autoreferenziali e incrostate tipo la mia.
Non è pedagogia, nè arte circense, ragazze. E' marxismo puro! ;)=
YOUNG REVOLUTION!
Come direbbe il Ligabue di Neri Marcoré: "Mi si dia della gran carta!" e il miracolo è fatto.
RispondiEliminaLò, ce ne vorrebbero di entropie borghesi, trentenni, autoreferenziali e incrostate tipo la tua.
RispondiEliminaOh se ce ne vorrebbero!
Young revolution! Il Festival di Sanremo mi ha fatto ben sperare anche per questo. Tiè.
Radiofax, peccato che proprio a San Remo il buon Marcorè non abbia dato il meglio di sè. Cha fa anche rima…
RispondiEliminaRugiadì, sì. Anche se l'età media degli organizzatori e direttori artistici era intorno ai settanta!
Vabbè ma il bello di ogni "luogo"..di chiacchiera e arte..e musica..deve venir fuori dalla amalgama dei settantenni con i più giovani..
RispondiEliminae come dici tu bisogna mettersi al loro livello..sia di quelli più piccini che dei più maturi..
Sarà che sto già ben oltre quel mezzo del cammin di nostra vita.. :-)
a modo mio quella comunicazione adattata però l'ho sempre usata..
e mi piace così..
Neri Marcorè è da urlo..dalla Dandini ne regala uno dietro l'altro..a me fa morire Gasbarri ..
però le canzoncine del Liga..
quella "Una vita da Prodiano"..:-)
bacetti