Di un certo tipo

Eravamo tra i migliori al mondo a fare cinema, inquadravamo come nessuno. Eravamo tra i migliori nell'illustrazione pubblicitaria, nei cartoni animati sperimentali, nell'utilizzo dei materiali in arte, negli effetti speciali. Nelle luci. Colori, tessuti, design, gusto. Abbiamo fatto una musica che abbracciava il mediterraneo coniugandola alla profondità. Ci capivamo perfino di fantascienza, anche dalla provincia. Eravamo gli unici a fare fumetti di un certo tipo. Abbiamo generato la costituzione più avanzata di sempre, la pedagogia più avanzata di sempre, la narrativa infantile più avanzata di sempre, oasi aziendali tra le migliori di sempre. Leggevamo il tempo e lo interpretavamo, avevamo i marxisti più lucidi della storia, i religiosi più illuminati ed eclettici, singoli liberali caustici e scorticanti. L'esperienza territoriale socialista più ricca e illuminata del pianeta, le comunità di base religiose degne dell'utopismo ottocentesco, un laissez-faire cattolico che permetteva slanci. Pochissimi, al mondo, coniugavano concetti come noi, eravamo civiltà pura, viva, anche perché densa di contraddizioni. Un'intera cultura è morta, putrefatta, spazzata via dalla mediocrità omologante, ignorante, pervasiva, individualista e dilettantesca del neoliberismo. Ci siamo fatti uccidere, con armi di soldi, espedienti e scorciatoie, a partire dalla Lombardia e dal Veneto. E qualcuno, come sempre, ama ancora il carnefice, non capendo quanto vaste e profonde siano le ferite, e le pezze sul suo culo. E quanto ci metteremo a risalire, a ripartire. Forse, proprio dalla Lombardia e dal Veneto. Dal riutilizzo virtuoso dei capannoni dismessi, anche quelli mentali.

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