Una questione epocale

Può il giornale di Sartre diventare un "incubatore di start up? Si può ridurre a un marchio, una specie di caffè letterario con mercificazione del brand e iniziative multimediali, come vorrebbe la proprietà? I giornalisti, soliti dinosauri trinariciuti, titolano "NOI SIAMO UN GIORNALE". Di sottofondo, la perdita di denaro (1,2 milioni di euro all'ultimo bilancio), l'attacco dei pasdaran del mercato al finanziamento pubblico al pluralismo e il generale tramonto del cartaceo (-15% di vendite). Questo esercito di 290 persone, così come tanti altri ovunque, sta combattendo una battaglia di retroguardia, contro mulini a vento? Già persa? Può darsi, ma io per esempio, dopo tanta ubriacatura di libertà d'opinione in rete, sto tornando all'amore per la carta stampata. Al ragionamento caldo, illuminista, ponderato, all'organizzazione verticale dei concetti. Alla voglia di senso, autorevolezza, riscontro. Una reazione alla canea cialtrona tutt'altro che snob, umana, di sopravvivenza. Esigenza ancora presente, che va ridotta all'osso, però: non ci si può impiegare una giornata per leggere un grosso quotidiano. Forse, stesi tutti i numeri, si possono stendere anche i nuovi ragionamenti, nuove fotografie dell'esistente, che non siano quelle dei Rothschild e dei Caracciolo, i padroni. Perché, nella musica, ad esempio, è tornato in voga l'LP, il primo supporto, quello più caldo e tangibile. Per i libri sarà uguale, e così per i giornali, un ridimensionamento, ma tutto in qualità… Non possiamo lasciargli far di conto da soli, a questi falliti mediocri avventurieri che possiedono le ferriere, che tagliano tutto, ridislocano a caso, vagheggiano stupidaggini perdendo il senso di ogni impresa. Approfittando della crisi, sulla pelle del lavoratore.

Commenti

Post popolari in questo blog

Vanessa

Has Fidanken!

Stagecoach