Warriors

Non capisco se "I guerrieri della notte" è invecchiato male, o sono invecchiato male io. Col tempo, il romanzo di Sol Yurick cresce e il film cala, forse significa avere occhi più attenti, diversa sensibilità. Il film è maschera (spesso fissa e ridicola) e azione (alla Bud Spencer con musiche cupe). Rieccheggia lo spirito della guerra, del manipolo di eroi costretto ad attraversare i territori ostili per ripristinare l'onore, osteggiati da eserciti nemici. Gira intorno all'onore militare, l'approccio di mestiere del regista Walter Hill. Il libro parla delle bande giovanili come forma tribale di sopravvivenza nella giungla urbana, è stato scritto da un sociologo pacifista e marxista che indaga nell'abisso delle comunità alienate, senza giudizio. Scava il linguaggio e la psicologia del gruppo, tenendo la storia solo come espediente e le Anabasi di Senofonte come modello. Del film resta un poster ribelle impresso nella gioventù insieme a quel «Guerrieri, giochiamo a fare la guerra?!…»
«I guerrieri non uccidono, sono leali», è la frase finale che li scagiona.
Nel libro, nessuno li segue, nessuno li accusa. La violenza è una scelta loro. Anzi, un automatismo. Nel film è sempre giustificata, pura difesa.
Nel libro, le gang sono composte solo da neri, e il vestiario, come lo slang, arriva dalla documentazione. Nel film, gangster di ogni etnia, mischiati, si agghindano come si sarebbero poi acconciati a carnevale generazioni di maschi ispirati dalla pellicola, e tutti parlano come cow-boy.
Il film termina con i Guerrieri che tornano in possesso del loro territorio, Coney Island, all'alba, con tanto di nota romantica.
Nel libro, il finale struggente da senso a tutto. Coney Island, su un pontile. Il protagonista si sdraia in posizione fetale a guardare il mare “con gli occhi fissi, il pollice in bocca”.

Tutt'altro racconto, ben più mio.

Commenti

Post popolari in questo blog

Vanessa

Has Fidanken!

Stagecoach