Ciao, Julietta. Qui si parla pochissimo di te. Ho sempre avuto pudore, sei donna riservata,caratterialmente così diversa da me. Ti esponi solo lo stretto necessario. Questo, è uno di quei momenti per cui vale la pena, direi. Domani, sono dieci anni che ci conosciamo. Ti sei affacciata alla ribalta del nostro paese esattamente il primo ottobre del 1998. Ci ha presentato Giancarlo Berardi, l'artefice del tuo avvento. Da allora è cambiato il mondo, e le nostre vite. La mia, sicuramente. Tutti i santi giorni, ore e ore insieme a questa misteriosa femmina, a trasformarmi in lei. I suoi mal di testa, la Morgan 4x4 del 1967, quella grande casa, le avventure, la città immaginaria e così reale. I criminali, l'università. Leo, Webb, Irving. Quel che resta della sua famiglia. Vestire abiti femminili. Insomma, calarsi nella testa di una donna del nostro tempo. Con i suoi problemi, i suoi spazi, le sue gioie, i suoi travagli. Un'esperienza che non auguro al mio peggiore ...
Recentemente ho letto sull'Espresso un articolo su un esperimento di "immagazzinamento della nostra vita". Non è una cosa da fantascienza, ma si potrà immagazzinare ogni secondo della nostra vita in un computer. Tutti i documenti che avremo scritto, la musica che avremo ascoltato, i libri che avremo letto, i film che avremo visto, le fotografie, i contatti, le persone, tutto in un computer. L'articolo diceva che una volta morti, ai nostri cari potrà rimanere un computer che interloquisce con loro. Che parla come noi. Accento, simulazione voce, difetti di pronuncia, e che ragiona come noi, perché il software impara dai nostri comportamenti passati. Praticamente l'immortalità.
RispondiEliminaNon si evidenziava una cosa, però. E cioè che noi non saremo lì per provarlo.
Facendo la tara di quello che siamo, quindi, spunta fuori l'anima, o la coscienza, per essere più laici.
Ragazzi, quando muoio seppellitemi e poche palle!
In Jeeg c'era una cosa del genere. Il prof, ormai deceduto, che parlava al figlio da uno schermo.
RispondiEliminaScherzi a parte, segnalo un sontuoso Vittorino Andreoli, estratto da QUI
"Lo 'specchio' é stato spesso utilizzato nell’analisi comportamentale del mondo umano ed animale, come strumento per l’esplorazione del 'sé'. Lo 'specchio' rappresenta la prima maniera per riconoscersi e quindi per individualizzarsi. Viceversa lo 'specchio rotto' impedisce la corretta configurazione del soggetto, offrendola solo in frammenti. Lo 'specchio rotto' 'metaforizza' in maniera splendida i tanti pezzi di cui siamo composti, alcuni graditi, altri meno. Mentre lo 'specchio' offre al soggetto il suo 'sé', lo 'specchio rotto' può solo offrire un 'sé' frammentato, e questo può volere anche dire da parte del soggetto la perdita della propria identità. Ciò che precisamente preoccupa del mondo giovanile é quel volere apparire e non invece cercare di vedere un 'sé' interiore."
Anche Capitan Harlock aveva "l'essenza", o il "mojo" (per farti felice ;)) del suo amico nel motore dell'astronave.
RispondiEliminaConosco uno che, quando si sente male, si fotografa per vedere come sta.
Mentre Multimen, degli 'impossibili', moltiplicava la sua immagine a piacere.
RispondiEliminaUn po' come te, che ti sei psichedelizzato con la webcam, mettendoti una cresta da rockabilly!
Il valore semantico del termine 'Mojo' rimane più oscuro del terzo segreto di Fatima!
;)
Il padre di Hiroshi e Tochiro, l'amico di Harlock, erano comunque inequivocabilmente morti. Quei personaggi stavano a significare che le persone amate non muoiono mai nel cuore di chi le ricorda (soprattutto in Capitan Harlock).
RispondiEliminaMultiman: solo chi è folle sfida le sue molle! :-)
No, quello era Coy-mAn! :)
RispondiEliminaTutto questo mi da da pensare. Ogni tanto lo faccio.., e resto sempre con un (serio) dubbio e il mio (piccolo) delirio d'onnipotenza.
RispondiEliminaBunuel - che era mio padre - poneva l'"informazione" fra i funesti cavalieri dell'apocalisse.., ma chi lo sa cosa avrebbe detto della "comunicazione"...
Azz... è vero! Nascosta in una roccia la forza di una roccia era Fluid man. Ma allora Multiman com'era?
RispondiEliminaBeppe, guarda caso Galimberti parla proprio della percezione del SE, in un interessantissimo articolo sull'ultimo "Repubblica delle donne".
RispondiEliminaIl nucleo sta nelle differenze sull'approccio psicanalitico e la nascita delle nevrosi in relazione ai mutamenti sociali. Fino agli anni sessanta la "sofferenza psichica era pensabile in termini di tristezza e sensi di colpa, oggi in termini di capacità e incapacità. La capacità di essere se stessi al di là delle richieste sociali di efficienza, iniziativa, rapidità di decisione e di azione, di cui non è dato scorgere il limite."
Insomma, in qualche misura il concetto diventa di sistema. E politico. Basti pensare alle atroci parole d'ordine del liberismo imperante (e arrancante).
Forse, quindi: "Io mi fotografo, mi mostro così, una volta tanto, non devo di-mostrare niente a nessuno".
Radiofax. Lo slogan di Multiman riguardava lo sdoppiamento di personalità. Dobbiamo ricostruirlo.
A capo di un plotone, la furia di un ciclone!
RispondiEliminaE' chiaro, Multiman era sia la testa che il corpo del plotone.
Grande_mente Galimberti. Ne restano pochi... E infatti oggi non si può più scegliere, non esistono spazi, di vivere in "povertà", semplicità, modestamente, come alternativa non necessariamente al "sistema" (di potere). Siamo nell'ingranaggio che non molla e che però stritola. E' un fatto politico, verissimo: di-mostriamo. Apparire/avere, invece di essere.
RispondiEliminaSintetizzando il tutto, direi...
RispondiElimina"NASCOSTA IN UNA ROCCIA LA MOLLA DI UN PLOTONE!"
... Ottimo slogan per l'Unione, che fa anche rima! ;)