Sotto un cielo d'etere


“Abbiamo bisogno di storie per sopravvivere. Per distruggere una comunità basta distruggere le sue storie, perché esse rappresentano la sua continuità. Una comunità, infatti, è un insieme di persone che ascoltano le medesime storie. Privata delle proprie storie, una comunità perde la sua identità. Ci sono naturalmente storie sostitutive, prefabbricate e in vendita: le storie proposte dai media, le storie/logo. Adattare queste storie preconfezionate e in offerta sul mercato è il primo passo per trasformarsi in schiavi.”




(John Berger)






Che ne pensate?

Commenti

  1. da incubo.....baci

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  2. Beh, ad esempio si comincia bruciando (fisicamente o idealmente) i libri e i pensieri. Poi, magari, importando storie da "altrove" e imponendone il rispetto e il culto.

    D'altro canto, però, troppa attenzione alla conservazione porta all'autarchia. Imbastardimento culturale o miscela fertile?

    O forse non ho capito cosa intendevi? :)

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  3. Ciao, il mio capo è finalmente andato a mangiare, e io posso smettere di fare questo lavoro meccanico e straniante, nonchè palloso, che sto portando avanti.

    Il tuo post mi ha subito fatto venire in mente (ed è già un risultato: ricordarsi di avere una mente)una citazione letta ieri sul libro che ho per le mani, che tosto tiro fuori clandestinamente dalla borsa e ti copio. Il libro è : "L'apprendimento della lettura", di Gaston Mialaret, credo sia un classico di pedagogia, ai miei fini molto interessante. In un capitolo dove spiega che saper leggere non è solo decifrare, ma capire il senso, nonchè saper giudicare il testo e apprezzarne o meno il valore estetico, cita le parole di J. Guéhenno all'Unesco nel 1950:

    " E' provato che saper leggere, scrivere e far di conto assolutamente non basta. Ben ci si chiede se questa specie di semi-cultura, in certo qual modo, non renda gli uomini più facilmente schiavi... Che cosa constatiamo tutti i giorni? Che purtroppo questi uomini, ai quali si è insegnato solamente a leggere, scrivere e far di conto possono essere soltanto schiavi migliori, e che è molto più difficile difendere gli uomini dalla semi-cultura che dall'ignoranza. Infatti, vi è lettura e lettura: leggere non è nulla se non è saper distinguere sulla carta stampata la menzogna dalla verità e rilevare le segrete e insidiose combinazioni cui le stesse possono talvolta dar luogo assieme... Insegnare a leggere alla gente, perchè questa possa affidarsi al primo pezzo di carta stampata, non è altro che prepararla ad una nuova schiavitù..."

    Certo è un po' estremo, perchè da qualcosa bisognerà pur cominciare... inoltre, dopo aver imparato a leggere viene anche la responsabilità personale di quali "storie" leggere... Se, come dice l'autore, "l'apprendimento della lettura è inseparabile dalla formazione del pensiero e dallo sviluppo dello spirito critico".

    Perdona se il mio modesto contributo è un po' fuori tema, ma mi sento il cervello più libero ora...

    Greetings

    Erika

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  4. Continuare a raccontare e ascoltare storie e' come far tesoro dei nostri ricordi, cercare di imparare dal passato, avendo un input dal presente. Per questo la memoria, la storia e le ns storie sono fondamentali per non ricadere negli stessi fatali errori..Ma in giro ce n'e' di gente che si scorda facilmente, eh?


    SI

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  5. .....intendo l'immagine, non la frase.

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  6. Credo che un po' tutti abbiate colto nel segno. Al posto della 'miscela fertile' il semi-pensiero.

    Come?

    Boldi-Greggio-Steven Segal in prima serata. Il non-pensiero.

    La fine dei bei film gratis, e poi l'incapacità dell'industria filmica italiana di pescare storie popolari. Non c'è più niente, ombelichismo, vippismo e plastica. Solo Rai 3 (che Pansa ha definito 'una schifezza propagandistica') conserva un linguaggio di verosimiglianza.

    Io ho visto gran parte dei film che mi hanno formato sulla Raitivù nazionale. Missing di Costa-Gavras, Spartacus, Indagine su un cittadino.., Elio Petri, John Ford e mille altri. Mentre Zavoli, magari, parlava della Notte della Rapubblica.

    Cose scomode, che ci s'incazzava e ci si costruiva coscienza critica.

    Adesso, un ragazzino come fa?

    Vuoi (in)formarti accedendo al grande cinema? Paga. Ma se paghi devi scegliere, e le scelte 'a monte' chi le compie? Un po' come internet, un immenso mare difficile da percorrere senza bussola.


    Un incubo, appunto.


    Ma forse Berger parla proprio delle storie popolari, di quello che scorre sotto. Sono stato qualche giorno a Napoli, e devo dire di non aver mai visto una città 'parlare' così. Nel casino, è una città ben radicata, con le sue leggende, storie, stratificazioni, Magna Grecia, cornetti, Eduardo.

    Ecco perchè hanno successo case editrici e tivù localistiche, a Napoli come a Palermo o a Genova. Ed ecco il ritorno del giallo italiano. Con la gente che vuole vedere messa in scena la sua realtà. Segnalo due 'fiction' degne di nota. 'Padri e figli' con Silvio Orlando, quest'estate ambientata in un consultorio. E quella con Barbareschi, recente, ambientata a Ferrara.

    Per il resto...


    Addappassàanuttata.

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  7. ..però, se mi guardo intorno, vedo ancora tante e tante persone capaci di CREARE e VIVERE storie che i media non riescono nenache lontanamente ad immaginare... Di certo, la vita va cercata nella vita vera, non nella "verosimiglianza" dell'etere..e nella vita vera di storie belle, e vere, ce ne sono un'infinità...:-)

    Bacio,

    Misty

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  8. Hai ragione, Misty. Però io faccio un lavoro che 'chiama' ad analisi di questo tipo, perchè con la vero-somiglianza devo fare i conti.


    Peraltro, il verosimile è importante, se onesto. Un buon brano jazz riproduce suoni a cui attribuiamo un senso: urbani, animali, dialogici. Un pessimo brano jazz si fa i fatti suoi.

    Quindi non c'è solo il suono della vita REALE, ma anche la possibilità/capacità/libertà di raccontarla, tramite accordi, quadri, film, parole.

    Ogni analisi critica nasce dal raffronto tra l'opera e il suo rimando umano.

    Se non c'è opera, non c'è rimando, non c'è critica e non c'è 'umanità'.


    Tema importante, per me.


    Beso,

    L'orenzo

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  9. Vanesio, smettila di cambiare foto! La seconda era più bella!

    Questa è retrò, col baschetto che guardi il sol dell'avvenire...

    Ciaoooooo,

    E.

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  10. In effetti l'anno comincia in modo complicato, anche sul piano dell'immagine! ;)

    le seconda non era una foto.

    Comunque questo è un omaggio al mio amato cappello, meschinamente rubatomi a Piacenza nei giorni di Natale. Si vede poco, ma dietro c'è un rasta nero sessantenne che discuteva con un suo amico ebreo ortodosso che non riesco a mostrare. Il sol dell'avvenuto!

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  11. Un blog davvero molto bello, ben curato(bella la scelta delle immagini).Complimenti!

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  12. http://condorandino.blog.kataweb.it/condor_andino/

    l'hai visto?

    E

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  13. Simpatico. Chi è?

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  14. Sono d'accordo..a metà (..eheh.."colto" riferimento..;-)) con te, L'O... Sul verosimile che imita il verto e che con esso si confronta e ad esso si raffronta, nulla da eccepire.. Ma sulmio territorio consentimi di essere pedante: il jazz non vuole essere (e mai potrebbe) riproduzione di "suoni a cui attribuiamo un senso: urbani, animali, dialogici" (cito testualmente).. Il jazz, semmai, è riproduzione di ciò che suono non ha, o sembra non avere: il SENTIRE.

    E' un modo di interpretare, di discernere, anche una il-logica, se vuoi, ma assolutamente non di riprodurre..

    E non dirmi che non si era capito che è (anche) per questo che lo amo...!

    Bacio,

    Misty

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  15. E' il tuo campo Misty. Eccepisco in punta di piedi. Mister Jazz ha vissuto epoche, stagioni, stili e momenti, quindi vive e pulsa nella realtà. Non nelle favole, o in un iperuranio trasognato. Io ci sento la sua storia, il sudore, la fatica oltre che la poesia.

    E' questo che mi piace di lui, il suo essere border-line. Poi si può andare over-line o under-line.

    Mi sembra roba dia-logica, più che il-logica.


    Ma, ognuno la sente come si sente...

    ;)


    Besos,


    Lo

    RispondiElimina

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